Recensione di Graziano Giacò
Cominciamo dalla fine. Inizia quello che hai finito, dice il gran saggio a testa in giù. Mi sono messo a mollo nella tazzacontenentetuttoiltramonto. Non avrai altra recensione all’infuori di me. È come quando tentano di spiegarvi i film. Cosa c’è da illustrare? È come tentare di srotolare un nastro pieno di tracce musicali ad alto respiro, con il rischio (mai troppo rischioso) di invischiarsi in faccende che comporterebbero paragoni con illustri personaggi beat-degeneration. Kerouac in fondo era solo un astronauta stradale, e On the road lasciò tutti i suoi seguaci.
I Departure Ave. danno un passaggio a Emily Dickinson e lei li invita a prendere il tramonto insieme, a mo’ di tè, tuttodunfiato, in una tazza talmente profonda da contenere pillole musicali extralarge. Primultima premessa: ho masticato a lungo questo disco, come uno sciamano in medianica attesa dell’elevazione dello spirito di Lester Bangs e ho divorato la polpa di questo concept album sul “deserto umano” al retrogusto di peyote, capace di distorcere a doppia mandata le (im)percezioni sensoriali, amplificando le distanze fra noi, figure in secondo piano, e lo sfondo sfocato che ci sottomette. Il tempo si disintegra all’interno della loro clessidra ritmica, le tracce anfetaminiche sono rivoli di colore che tempestano il corpo di pulsazioni anti-nozionistiche.
And revery è gioia mistica, ritmo tribale che sostiene spasmi di voce proveniente dal cosmo azzurro. Velocità a doppio taglio. Non si può parlare del fuoco senza il rischio di veder deflagrare l’anima, in un pre-finale che ricorda l’implosione pinkfloydiana di Zabriskie Point. I Dep c’avvertono subito: No conclusion. Non si potranno tirare somme. Un piccolo gioiello balistico, che sfugge all’ascolto: bisogna intingere l’orecchio diverse volte per catturare la filosofia spicciola di un avvertimento pre-nucleare. 27b è la mina inesplosa lungo il deserto, un piacevole odore che s’attacca alle cerniere delle orecchie. Unhappy Emily è un sandwich messicano farcito di fughe oniriche a cavallo di mongolfiere allucinogene, con arpeggi mistici e visionari degni di Buñuel disperso sulla via Lattea. Di Amarillo, TX vi dirò solamente che l’ho scelta come sigla del mio programma radiofonico. Dire altro sarebbe superfluo. How we sang è una mini-suite estemporanea, una panchina di sabbia sulla quale abbandonarsi elegantemente.
Subway è un sogno in crescendo, un cubo atmosferico che sprigiona elementi taglienti, ben confezionati. Sono loro i veri sindaci di Roma: hanno creato l’unica metropolitana che funzioni. Dopo esserci persi nei meandri delle strutture concentriche ad alto tasso di mescalina, viene naturale chiedersi: Do you remember the sun? Le loro composizioni sono come un sole a mezzanotte, squarci di luce romantica all’interno di un vaso di Pandora ove fa da tappo Call out the doc, acido piano sequenza di 12 minuti, un ralenty degno di Paura e Delirio a Las Vegas.
ALL THE SUNSET IN A CUP – DEPARTURE AVE.
(Autoproduzione, 2013)
- And Revery
- No Conclusion
- 27b
- Unhappy Emily
- Amarillo, TX
- How We Sang
- Subway
- Do You Remember The Sun?
- Call Out The Doc