a cura di Simona Strano
Majakovich – Elefante (V4V – Records) – 2016
7/10
Un inizio spaziale quanto sotterraneo quello di Elefante, nuova creatura dei Majakovich.
Dieci tracce oscure e rumorose e allo stesso armoniche e così profumate di alt-rock italiano di buona fattura che parte subito il testa a testa con le produzioni di artisti da più tempo in giro rispetto ai ternani.
Inizia con gli octaver esagerati sulla voce-strumento la mastodontica titletrack (che ricorda gli ultimi lavori dei Verdena), se non fosse per gli archi a differenziarne la spina dorsale.
Elefante è un viaggio, un parto lento – ma non doloroso – fatto di picchi chitarristici (Diecimila Ore, primo singolo estratto), metrica particolare, tempi dispari tanto, tanto math (Un Gran Bel Culo, Salvati) per un risultato di esplosivo post-punk che, a meno di due anni dall’ultima release, fa spiccare i Majakovich come buoni demolitori di questo anno bisestile.
Maudit – Maudit (Autoproduzione) – 2015
5.5/10
Un EP di 7 tracce è l’esordio su disco dei milanesi Maudit: partiamo dal nome uguale a quello di un brano dei Litfiba del ’93? Anche, ma non fermiamoci alle prime impressioni.
Le chitarre pungono e la batteria picchia mentre la voce declama (a volte con parole già sentite) problematiche che i sopracitati fiorentini & soci di generazione mettevano sotto i riflettori molto tempo fa.
C’è – musicalmente – del pop-punk, questo è certo, più simile a quello che circolava nel biennio 2006-2007 che a altro, ci sarebbero sprazzi di stelle e strisce più à la Foo Fighters (dalla band indicati come loro influenze insieme a Ministri, Red Fang e proprio i Litfiba) ma i suoni sono ancora un po’ acerbi. La copertina del disco fa però pensare: rovine romane in ambientazione futuristica e distopica. Forse il quartetto si ispira proprio a traghettare atteggiamenti e suoni del passato verso nuova e attuale denuncia sociale. C’è da crescere e questa è comunque un’opera prima. Aspettiamo un Lp per vederci chiaro.
N E R O – Lust Soul (Autoproduzione) 2016
6/10
Nero è il nuovo progetto di Nero Kane (alias di Marco Mezzadri, già nei Detonators e The Doggs), a cavallo tra new-wave, industrial e post-punk. Si respirano gli anni ’80 in questo album pieno di synth e batterie elettroniche. Ci sono idee di composizione ben chiare e tanto Trent Reznor nell’aria. L’anima, in questo caso, non è persa, ma lussuriosa: si passa dalle atmosfere più pacate (In My Town) a quelle più martellanti (Over My Dead Body). Funereo e asfissiante, con le sue chitarre distorte a delineare il nuovo sentiero, Nero apre le porte a un mondo che si era perso anche in ambienti inquietanti e oscuri come solo quelli metropolitani possono essere.
Music for Eleven Instruments – At the Moonshine Park with an Imaginary Orchestra (Dead Pop Opera – Autoproduzione) 2016
8/10
Psichedelia fanciullesca e un retrogusto che a tratti sa di Sigur Rós, ma non solo: le atmosfere timide da cameretta e l’aria un po’ naïf (candida seppur colorata) di Music for Eleven Instruments, progetto di Totò Sultano, restano facilmente nelle orecchie, in testa negli occhi, grazie anche al vividissimo giallo della copertina. L’album è di innegabile respiro internazionale, complici la voce sottile e gli arrangiamenti intricati e ricchissimi, seppur all’apparenza possano sembrare assai semplici.
Negli innumerevoli luoghi in cui Sultano compone, quest’ultimo è da solo; è nell’esecuzione dal vivo e nelle sue registrazioni nomadi che il discorso cambia: archi, ottoni, synth, pianoforte, percussioni, batteria, chitarre e basso si palesano davvero grazie a turnisti – spesso membri ed ex membri di conosciute formazioni siciliane – rendendo l’orchestra immaginaria assolutamente tangibile.
Fuzz Orchestra – Uccideteli tutti! Dio riconoscerà i suoi (Woodworm) – 2016
8.5/10
Un disco che è colonna sonora e racconto allo stesso tempo: il nuovo album della Fuzz Orchestra è tutto quello che un certo tipo di rumore musicale deve dare all’ascoltatore.
Sono decine e decine gli stimoli sonori che diventano visivi; composizione dinamica, arrangiamenti ricchi e corpulenti e voci campionate ci fanno strisciare dentro momenti di terribile bellezza. “Uccideteli tutti! Dio riconoscerà i suoi” è un tunnel oscuro che porta verso un mondo dal cielo rosso sangue, col tempo scandito da catastrofi di dimensioni bibliche; quella narrata è la Terra in un universo parallelo in cui è l’uomo stesso ad essere sia fautore che vittima sacrificale dell’Apocalisse.