Live & Photo report di Francesco Liberatore
Non ricordo esattamente com’è successo. Probabilmente grazie a un articolo nella sezione news di una webzine o a un video comparso tra i suggerimenti di YouTube. Sta di fatto che un giorno la voce e la musica di Scott Matthews entrarono di prepotenza nella mia vita. Quella serie di note gravi suonate con una straniante delicatezza che introducono Elusive, primo singolo del disco d’esordio Passing Stranger, crearono un vortice emotivo che a fatica sarei riuscito a contenere. L’ingresso della voce, altrettanto leggera e profonda, annientò ogni mia difesa riaprendo un varco in cui con la stessa forza espressiva fecero breccia le melodie di Jeff Buckley e Nick Drake. Questo ragazzone inglese di Wolverhampton mi conquistò al primo ascolto.
Sono passati dieci anni da allora, Scott Matthews ha costruito nel tempo una carriera solida e all’insegna dell’autenticità rinunciando volutamente alle dinamiche del mainstream che poco hanno in comune con lo spirito che anima la sua arte. Cinque dischi in studio (più uno strepitoso live) dove folk, blues, rock e contaminazioni world si mescolano in una combinazione inedita, capace di andare oltre i chiari riferimenti stilistici vicini al suo cantautorato. Il ritorno in Italia segue la pubblicazione del nuovo Home part 2 per la propria etichetta discografica Shedio Records, secondo capitolo di un concept dedicato alle proprie radici, all’importanza della “casa” come pilastro dell’esistenza: la prova di una compiuta maturità in un disco che riallaccia l’immediatezza rock dell’esordio con nuove affascinanti atmosfere blues e psichedeliche.
La Chiesa dell’Annunziata di Pesaro si presenta come la location perfetta per esaltare la musica di Scott, lui stesso sembra incantato dalla bellezza dei dipinti e delle statue che ancora abbelliscono di un fascino antico la sala concerti. Ma è nel guardare di fronte a sé che l’emozione si fa palese: l’evento è sold out, dimostrazione che anche qui da noi Scott è diventato un piccolo culto toccando con la sua arte un pubblico attento e curioso, che questa sera lo accoglie con un’ovazione.
Da solo con la chitarra, un ultimo sguardo verso l’alto, poi la concentrazione. Le note di Virginia, una preghiera di straordinaria intensità rivolta all’amata affinché torni sui suoi passi, aprono un ampio paesaggio sonoro creato con pochi elementi a cui si lega la splendida melodia che narra: “Home is where your heart is forever yearning […] it’s been years since you went away, not so far away”. Scott possiede la forza dei grandi songwriter, rende vivo il racconto con una fotografia nitida che ci proietta sulla scena mentre la musica costruisce il pathos e ci introduce nella vicenda. Un inizio in solitaria davvero potente e di grande personalità: “questo sono io” sembra voler chiarire fin da subito, mostrando l’essenza del proprio essere attraverso la nuda bellezza della sua voce e della fedele sei corde.
Raggiunto sul palco dai due talentuosi musicisti che compongono la band (Sam Martin per batteria, percussioni e cori; Gregg Stoddard per basso e cori), Scott cambia registro ed introduce Drifter che apre le porte di “Home part 2”, e qui la nuova veste del cantautore emerge con tutta la dirompente eleganza che contraddistingue questo nuovo capitolo discografico: un rock che è la perfetta somma delle sue influenze, sempre ricercato negli arrangiamenti e nelle melodie che lo valorizzano. Scott è salito sulle spalle dei suoi giganti musicali ed è riuscito a guardare lontano laddove molti sono rimasti abbagliati venerando i miti del passato; The Rush ne è l’esempio perfetto con i suoi stacchi vocali e le rincorse della chitarra che un album come “Grace” ha consegnato all’immortalità e che qui trovano con naturalezza una nuova veste folk-rock, rimescolati nel dna musicale di Scott in un linguaggio che si può definire senza paure originale. Ma è quando la vena più intima e sperimentale a prendere il sopravvento che Matthews regala delle autentiche gemme: Were I Long To Be cattura il pubblico con la sua evocativa atmosfera orientale, costruita su percussioni tabla, chitarra e basso, ed evidenzia tutta la straordinaria bravura di Martin e Stoddard. Nemmeno il fastidioso ronzio proveniente da un amplificatore riesce a rovinare l’esecuzione di uno dei brani più belli del suo ultimo disco. Scott è rilassato, scherza con il pubblico durante un’esilarante tentativo di accordare una capricciosa chitarra e si scusa per non riuscire a comunicare in italiano; poco importa, l’intimità creata con il linguaggio della sua musica è ben più potente di qualsiasi altro segno e i vigorosi applausi che seguono le nuove Steal My Star e Lantern Flower ne sono la prova. Appena prima di essere richiamato a gran voce per i bis, Scott si lancia con armonica e chitarra nella poderosa Passing Stranger infiammando il finale con una coda blues degna di un veterano del Mississippi: il pubblico risponde portando il tempo con le mani mentre la band ricama intorno al ritmo creando un momento di grande divertimento che chiude momentaneamente il concerto.
Così come aveva iniziato Scott torna sul palco da solo: è il momento di Elusive, la canzone premiata nel 2007 con il prestigioso Ivor Novello come miglior composizione lirica e musicale; forse quella a cui è più legato e sicuramente la più conosciuta del suo repertorio. Le emozioni sono le stesse di quel primo ascolto e il prezioso silenzio che ne accompagna l’esecuzione fino allo sfumare della nota finale non fa che accrescerne tutta la struggente bellezza. Con una meritata dimostrazione di affetto e rinnovata stima, Scott e la band vengono acclamati ancora per un ultimo bis che viene affidato a Dream Song, un altro gioiello tratto dal primo disco. Infine i saluti, l’invito a ritrovarsi subito all’ingresso per brindare insieme a questa serata e poi le foto, gli autografi e qualche allegra conversazione con l’umiltà che da sempre contraddistingue questo grande artista.
Scott Matthews si congeda lasciando nel cuore dei presenti una sensazione che a lungo porteranno con sé, testimoni di un piccolo miracolo musicale che continua a compiersi lontano dai riflettori dell’industria e per questo da custodire con cura.