RECENSIONE: Giuseppe Dolce – Vitamara

Recensione di Claudio Delicato

Immaginate di tornare a casa con quattro o cinque amici dopo una cena in trattoria e sedervi sul divano a chiacchierare. Due di voi, ebbri di Montepulciano, si assopiscono. A un certo punto il più silenzioso del gruppo va in camera, ne esce con la vecchia chitarra acustica di vostro padre e inizia a strimpellare sommesso canzoni retrò, avendo cura di non svegliare gli altri. Be’, se almeno una volta vi siete trovati in una situazione del genere, sappiate che è possibile che quel vostro amico fosse Giuseppe Dolce e stesse suonando le canzoni di Vitamara.

Dico così perché si sa poco e niente di questo cantautore romano: potrebbe essere un vicino di casa, lo zio che vedete alle cene di Natale o il vostro professore di filosofia al liceo. Le uniche informazioni certe sono quelle che lui stesso sceglie di rivelarci nelle nove tracce che compongono il suo disco d’esordio.

E il paradosso è che non è poco, perché Vitamara è un album intimo, a tratti leggero e a tratti più profondo, con lo sguardo rivolto all’animo dell’autore più che al mondo che lo circonda. La dimensione di Giuseppe Dolce è infatti spesso un “io”, al limite un “noi due”, mai un “noi” inteso come generazione o società. E il ritratto che ne esce è quello di un uomo sensibile, insicuro, autoironico, attento ai particolari e terribilmente simpatico.

Dal punto di vista musicale ci troviamo di fronte a un LP che, seppur variegato, mantiene un’atmosfera swing di fondo, ai confini del piano bar. La quasi totalità dei brani è suonata con chitarra, basso, un pizzico di tastiera MIDI e semplici loop di batteria sintetizzati, con un missaggio volutamente lo-fi. Per farla breve: un disco umano, che fa della semplicità e della spontaneità i suoi punti di forza.

Ma è nelle liriche che Giuseppe Dolce dà il suo meglio: il ragazzo gioca con le parole con la naturalezza con cui Ronaldinho faceva gli elastici, per quanto la sua fede calcistica sia tutt’altro che rossonera (vedasi Il capitano, scritta in memoria di Agostino Di Bartolomei). Vitamara passa da dolcissimi pezzi su incontri casuali alla fermata del tram (Sconosciuti) a canzoni più energiche e allegre come Una Ritmo dell’82 o Pazzo per la realtà. E poi ci sono vere e proprie perle di umorismo come Il re delle mezze misure, originale (auto?)biografia di chi non si sbilancia, con risultati ai limiti del grottesco.

Vitamara è un album fatto con il cuore che mi fa pensare che l’autore abbia scelto di non dire molto di lui proprio perché, alla fine, tutti vorremmo che ci fosse un po’ di Giuseppe Dolce in noi. Tutti vorremmo essere persone così entusiaste, piene di idee e mai pretenziose.

VITAMARA – GIUSEPPE DOLCE
(Autoproduzione, 2013)

  1. Domenico (per Domenico D’Orazio)
  2. Una Ritmo dell’82
  3. Sconosciuti
  4. Il re delle mezze misure
  5. Il capitano (in memoria di Agostino Di Bartolomei)
  6. Pazzo per la realtà
  7. Vitamara
  8. Film noir
  9. Collezioni

[youtube=http://youtu.be/Lq_bRyCHKAo]

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4 thoughts on “RECENSIONE: Giuseppe Dolce – Vitamara

    • Io personalmente song’ nu babà al rum nu poco ‘gnorante, come del resto deve essere un Dolce.
      Col recensore non faccio né pastiera, né pastetta, ma lo ringrazio per le sue parole precise.
      A lei, signor Moreno (ha parenti nel ramo gelateria?): grazie per aver domandato. Anche se siamo ognuno per sé, sento che è dei nostri.

      • Mio padre mi raccontava sempre che in classe sua era seduto vicino a due compagni che di cognome facevano Dolce e Gentile. Dolce, Gentile e Delicato. Non so se fosse vero, ma era una bella storia da raccontare ai pranzi di Natale.

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