Recensione di Gianluca Clerici
Adriano Tarullo ci aveva fatto ascoltare “la sua auto blues” lui che di blues se ne intende e lo dimostra.
Chitarrista niente male che oggi torna in scena senza dialetto abruzzese e senza particolari trasgressioni di sorta. Il nuovo disco si intitola “Storie di presunta normalità” in cui troviamo 12 inediti, canzoni, fotografie, storie…di cui si presume la normalità. Storie quelle che il menestrello abruzzese vede capitare attorno a se e in qualche modo le immortala e ce le restituisce senza filtri e senza veli e con quel modo di scrivere appena accademico e poco filosofico, quasi avesse il germe del pop mainstream dentro da qualche parte…e non è che poi sia una condanna. Ma poi è la forma canzone che si riempie di arrangiamenti classici e belle soluzioni di chi maneggia con mestiere accordi e risvolti. Forse non parte con il pezzo forte per quanto possiamo immaginare sia il momento più alto per la sua emozione: “Bastarda malattia” in se racchiude alcuni tra i principali nei che ho trovato in questo disco. Ma subito arrivano giornate di luce con due brani davvero belli e preziosi: “Lei casca dalle favole” e “Cenere di stelle” di cui vediamo un bellissimo video disegnato dal Collettivo Lhumans. Poi la ballerina folk dalle forme tradizionali con tanto di violini sul riff portante e una scrittura che parla di “Colm Thomas” figlio di Dylan Thomas. Ed ecco la svolta interessante del disco: “La nuora nera”: un bel movimento ritmico di chitarra ed accordi, che qualcuno avrebbe da scambiare con del funky acustico (ovviamente d’autore). Letteralmente parlando forse è proprio questo il racconto di presunta normalità più forte di tutta l’opera: l’accettazione del diverso per quando il diverso risulti essere la pelle nera di una donna…la moglie di nostro figlio. Da qui il disco di Tarullo scivola e non mi fermo a raccontarlo tutto ovviamente ma sottolineo con moltissimo piacere “Un mestiere difficile” in cui mai per una volta trovo arroganti tentativi di fare rock e “La mia testa in riva al mare” con quel fare strumentale da meticcio noir in vena quasi jazz da club anni ’80 che molto d’impatto mi ricorda la sigla di Lunedì Film di Rai Uno. Insomma Tarullo è si un cantautore ma senza voler strafare, non è che resta fermo nella scrittura rigida dei ritornelli, delle strofe e delle rime. Sperimenta…forse potrebbe sperimentare di più direbbe qualcuno. Ma se pensiamo che il disco si chiude con un bellissimo tramonto nostalgico cullato dallo strumentale (ovviamente di chitarra protagonista – eh si Tarullo è un chitarrista, l’abbiamo capito) dal titolo “L’arte di una madre” allora forse non è il quanto si sperimenta ma il come si sperimenta a fare la differenza. Un disco questo che in altro tipo di società farebbe molto parlare di se. Noi ci mettiamo del nostro…
ADRIANO TARULLO – Storie di presuntà normalità (Autoprodotto, 2017)
1. Bastarda Malattia
2. Lei casca dalle favole
3. Cenere di stelle
4. Colm Thomas
5. La nuora nera
6. Io mi sento chitarrista
7. Un mestiere difficile
8. Quella strana allergia ai cipressi
9. Crollava l’intero paese
10. La mia testa in riva al mare
11. Un’ingenua libertà
12. L’arte di una madre