Recensione di Gustavo Tagliaferri
Assodare, sviluppare, continuare.
Analizzare, sezionare, operare e conseguentemente completare, più per sé che per gli altri. Suonare musica new wave nella sua variante più oscura non è cosa semplice, ma là dove certe opere d’esordio, successive a dei riuscitissimi primi passi, hanno finito per tenere testa senza alcun provincialismo o desiderio di primeggiare a tutti i costi alla controparte estera evidentemente le relative formazioni possono permettersi di farlo e di proseguire nel loro percorso fatto di graduale ricerca a livello generale. Le romane Winter Severity Index, al secolo Simona Ferrucci ed Alessandra Romeo, evidentemente sono parte integrante, oltre che assai influente, di quelle formazioni, e “Human Taxonomy”, loro secondo full length dopo il soddisfacentissimo “Slanting Ray”, contiene solo sette tracce, delle quali una interamente strumentale, ma non per questo risulta meno degno di un’adeguata nomea consequenziale ad un attento ascolto. Anzi, se la Ferrucci fosse Trent Reznor, verrebbe persino da dire che “Human Taxonomy” sia il loro “Broken”, pur senza l’elemento industrial a fungere da termine di paragone, sostituito da un alone di mistero che non risulta affatto da meno. Là dove la parola non ha voce in capitolo, soppiantata come è dalla sola musica, la strumentale Paraphilia ipnotizza ed uccide con la sua cupezza, fatta di drum machines sopite, velate, eppure ossessive anche nel loro silenzio, dissonanze che da occasionali si fanno via via sempre più rilevanti e bassi pizzicati minuziosamente, tanto da celare una piacevolissima sensazione di violenza interiore, mentre Drums Of Affliction è un mantra facente affidamento su una marzialità che adeguatamente si sposa con una malinconia di fondo. Dall’altra parte tanto restano le impronte siouxsieane e cureiane, ovviamente tutt’altro che sgradite in quanto ben amalgamate in composizioni altrettanto riuscite, dallo svolgersi di Athlete, ove diviene di particolare rilevanza il suono alla “Juju”, favorita da un luccichio di synth e tastiere che dà un’ulteriore marcia in più, a Backstroke, possibile e felicissimo esperimento di rimaneggiamento del riff di A Forest, immerso in un mood spaesato, criptico e proprio per questo affascinante, quanto A Quiet Life è, più che dark, cold-wave tout court, con il suo coacervo di bassi e ritmiche killer, mentre assai sorprendenti sono Waiting Room, sottesa tra sfumature ambient e balearic trance, ma a voler azzardare sembra guardare ulteriormente tanto alla Pioggia di luce litfibiana quanto ai Depeche Mode di Get The Balance Right, più che dei primi tre lavori, e 5 Am, un ipotetico urlo liberatorio dall’incedere robotico, i cui richiami, possibilmente, risultano più arabeggianti che zingareschi. Trovate assai favorevoli ed idee dall’immediato impatto per un risultato generale ancora una volta tale da dimostrare come le Winter Severity Index siano uniche in ciò che fanno, e questo basta ed avanza per un disco imperdibile. Che “Human Taxonomy” sia.
Winter Severity Index – Human Taxonomy
(2016, Manic Depression Records)
1. Paraphilia
2. Athlete
3. A Quiet Life
4. Waiting Room
5. Backstroke
6. Drums Of Affliction
7. 5 AM