Recensione di Claudio Delicato
Ascoltare per la prima volta l’ultimo lavoro in studio dei Julie’s Haircut per me è stato come vedere in diretta televisiva il celebre litigio fra Vittorio Sgarbi e Alessandra Mussolini a La pupa e il secchione: ho provato commozione e orgoglio nel constatare che stavo testimoniando in prima persona un avvenimento di portata unica, la storia del nostro paese che avanzava.
Se questo disco fosse stato composto e registrato da un gruppo inglese probabilmente ora sbancherebbe le chart di musica alternativa e i Julie’s Haircut sarebbero acclamati come i nuovi Radiohead. Ashram Equinox è uno psichedelico viaggio strumentale di 43 minuti, che passa da atmosfere ritmate ad altre più visionarie in modo sempre fluido e coerente.
Stiamo quindi parlando di un disco stile Gentle Giant, ovvero “musica quasi-da-camera per gente che fa poco sesso”? Nah: senza inutili tecnicismi, ogni membro dei Julie’s Haircut fa la cosa giusta al momento giusto. Né più né meno, senza strafare. I synth sono usati con gusto, i giri di basso la fanno da padrone (a tratti mi hanno ricordato Kid A) e gli ostinati di batteria restano in testa per giorni. Ma il tocco in più di Ashram Equinox è l’egregio lavoro di mastering: sembra che finalmente un gruppo italiano si sia reso conto che si può missare in stereo in modo audace anche se il leader della tua band non muore nella propria vasca da bagno strafatto di peyote.
Non è vero che oggi non si legge più. Si legge, ma il problema è che si leggono prevalentemente stronzate. Fra status su Facebook e tweet, il popolo dei 140 caratteri ci ha rubato la letteratura e le persone sono sempre meno avvezze a intraprendere percorsi più lunghi e impegnativi come i romanzi. Allo stesso modo la musica tende sempre più verso il singolo, o peggio il ritornello di successo.
Bene, i Julie’s Haircut rifiutano in toto questa prospettiva: non è il singolo pezzo a comunicare qualcosa, ma il disco nella sua globalità. Ashram Equinox rappresenta un percorso lungimirante e remunerativo che è impossibile non ascoltare dall’inizio alla fine. Dall’opening track Ashram che – sacrilegio! – non sfigurerebbe in un album dei Pink Floyd, passando per Johin, che dimostra che per fare buona elettronica non è necessario il doppio taglio e Reason 7, fino alla gloriosa Taarna e Taotie, il pezzo forte del disco con i suoi intrippanti loop sintetici.
Un prodotto come questo può uscire solo da musicisti professionisti che hanno raggiunto la maturità artistica. Ashram Equinox è uno dei migliori album dell’anno e i Julie’s Haircut – in coro con i Calibro 35, i Sycamore Age e tutti i gruppi che si sbattono per creare qualcosa di buono in questo paese – sembrano volerci dire che esiste un’Italia migliore. Malgrado Paolo Ruffini. Malgrado Roberto D’Agostino. Malgrado la detestabile cultura dell’usa e getta che ogni giorno uccide la nostra musica.
ASHRAM EQUINOX – JULIE’S HAIRCUT
(Woodworm/Santeria, 2013)
- Ashram
- Tarazed
- Johin
- Taarna
- Equinox
- Sator
- Taotie
- Han
[youtube=http://youtu.be/5bvDflgbu-U]
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