Meteora.
Digitando su Google questa parola, il primo risultato è l’album dei Linkin Park. Il 20 luglio, Chester Bennington si è tolto la vita nella sua casa di Los Angeles, a 41 anni. Meno di due mesi fa, aveva cantato Hallelujah al funerale del suo grande amico e collega Chris Cornell, morto suicida il 18 maggio scorso e che avrebbe compiuto 53 anni lo stesso 20 luglio. È difficile e anche rischioso parlare di coincidenze. Le motivazioni che conducono ad un simile gesto sono insondabili, al di là delle dipendenze e della depressione. Ad ogni scomparsa, sembra che ci sia sempre meno da dire e il silenzio prende il posto del suono con cui questi grandi artisti ci hanno aiutato a vivere. Solo una voce, forse, ha il diritto di urlare: quella dei fan.
Si dice che le differenze tra gli uomini siano annullate dal comune destino della morte: davanti a lei siamo solo esseri umani, tutti uguali. Davanti alle difficoltà, ai fallimenti, alle frustrazioni siamo solo esseri umani. L’umanità è quella fonte nascosta in una radura desolata da cui sgorga acqua pura e autentica. Non importa quale sia stato il punto di partenza, quale il percorso o la direzione del viaggio: ci si ritrova lì, a fare i conti con se stessi, soli. Quando i cantanti, i musicisti, gli scrittori, i nostri attori e dj preferiti vengono a mancare, allora ci si ricorda del loro lato umano, veniamo colpiti d’improvviso da questa grande verità, che anche loro sono persone, prima di tutto il resto.
Subito dopo la morte di Cornell, hanno avuto nuova visibilità dei video datati ‘90/’91 ambientati a Seattle, nei backstage di concerti da 50 o 60 persone. Era l’inizio di un’era, la culla del grunge. In quei frame di repertorio, i protagonisti sono ragazzi dai capelli lunghi con camicie di flanella di seconda mano. Erano ragazzini che volevano solo raccontare se stessi, quello che gli frullava in testa, sperimentare, fare rete, trovare i propri fratelli e affrontare il mondo insieme. E poi quei ragazzini sarebbero diventati Chirs Cornell, Stone Gossard, Layne Stanley. Allora, oltre alle classifiche, ai milioni di copie vendute, ai premi ricevuti, esiste tutto un altro mondo che è l’unico che abbia valore: l’umanità di questi uomini e donne. Uno dei momenti più condivisi negli ultimi giorni dal web è il video di Chester che canta Hellujah al funerale del suo amico Chris a cui pochi mesi prima aveva scritto una lettera in cui descriveva la musica di Chris “gioia e dolore, rabbia e perdono, amore e crepacuore, tutto insieme”. E aggiungeva: “Suppongo che è quello che siamo tutti. E tu mi hai aiutato a capirlo”.
È questo il potere della musica, aiutare a capire? Ascoltare canzoni, imparare a memoria i testi, trascriverli ovunque, pensarci per mesi, anni, imprimersi a fuoco nell’anima una canzone, una frase, scegliere di vivere secondo alcune regole imparate da loro, riconoscersi in un suono, in un atteggiamento, in una visione. Immedesimarsi così tanto con un’altra persona da crederla amica, come se la conoscessi veramente, come se foste cresciuti insieme e aveste avuto lunghe conversazioni appassionate nel corso degli anni, condividendo tutto. In tristi momenti come questi, ci accorgiamo di quanto osanniamo e idolatriamo queste persone che hanno saputo raccontare i nostri sentimenti così bene da farceli considerare degli eroi, perché ci sono venuti a salvare quando ne avevamo bisogno. Contemporaneamente, però, ci sono familiari, sono i nostri compagni di vita, siamo cresciuti insieme. Quando è morta Amy Winehouse è stato come se fosse morta una cara amica, la compagna di una vita, la socia con cui hai condiviso momenti folli, felici e tristi.
Allora, chi o cosa sono per noi queste persone? Sono esseri con un dono divino o sono persone comuni con le stesse debolezze che abbiamo anche noi? Come dovremmo comportarci per essere nel giusto, per rispettarli, per aiutarli? Abbiamo davvero qualche influenza nella loro vita o in realtà è tutto nella nostra testa e non conosciamo proprio assolutamente niente di loro, della loro vita e personalità. Scelte drammatiche come quella di Chester e Chris lasciano un enorme vuoto, ma non solo perché vengono a mancare figure care che avremmo sperato fossero felici e vivessero per sempre, in eterno, continuando a produrre grande musica. Il vuoto grande e buio che creano è dentro di noi, nella nostra coscienza di fan.
di Laura Faccenda e Francesca Vantaggiato
Disegni di Enjoy the silence