Recensione di Gustavo Tagliaferri
La musica pop è una cosa seria, soprattutto se relazionata ai giorni nostri, alla luce di un’estate dominata in primis da tormentoni che, nel migliore dei casi, sono colmi di banalità, mentre nel peggiore fungono da bignami di tutto ciò che non dovrebbe essere oggi il concetto di orecchiabile, di assimilabile, ma al contempo qualitativamente valido, in concomitanza con un calo di interesse e di curiosità purtroppo alquanto evidente da parte delle generazioni più giovani. Tutto ciò almeno in Italia. Fortunatamente in un panorama simile consola non poco notare come negli ultimi cinque anni siano emerse, anche inserite in una corrente tendente al mainstream, delle personalità che adoperano tale genere come un terreno da alimentare attraverso molteplici vie, da germi elettronici ad ispirazioni acustiche, fino ad una visione urbana che del pop ne favorisce l’elasticità. Focalizzandosi momentaneamente sui dischi dell’anno ce ne sono ben due che possono tranquillamente considerarsi come degli ideali germi di un nuovo inizio per tale corrente: uno è “Era Ora” di Ketty Passa, un altro è proprio questo “Come L’Oro”. Ecco, Giulia Ananìa è quel che si dice un orgoglio capitolino, in quanto donna da sempre dedita alla scoperta di sé e di una Roma lontana dalla cafonaggine dell’abitante medio odierno, capace di passare da Sanremo Giovani ad un infinito e mai snervante viaggio di riscoperta del repertorio di Gabriella Ferri, quella “Bella, Gabriella!” che per anni chi ha solcato il terreno delle varie manifestazioni estive e non ha vissuto intensamente, e se l’E.P. omonimo di cinque anni lasciava ben intuire le sue capacità ed intenzioni il disco in esame ne rappresenta il compimento definitivo, una felice coesione tra le radici popolane ed un approccio d’autore in buona parte inserito in una cornice post-80’s, oltre che una possibile storia i cui capitoli sono intervallati da poesie in parte di penna propria, in parte di eredità familiare, in parte legati agli amici Poeti Del Trullo, nella fattispecie Er Pinto. Oltre alla Ferri, nel carnet della Ananìa devono aver influito molto sia lo stile dell’amica Paola Turci che quello della migliore Gianna Nannini, a giudicare dall’excursus attraverso cui si muovono gli otto brani del lotto, assai favoriti per buona parte da una soddisfacentissima produzione firmata Matteo “C-Loop” Cantaluppi, già con i Thegiornalisti, che contrariamente alla frivolezza post-“Fuoricampo” di questi ultimi attribuisce una maggiore maestria e brillantezza: desta molto fascino l’immediatezza dalle tinte elettroniche di Come fa questa città, coinvolge l’incalzante spaccato dell'”altra” Urbe rappresentato in un singolo di spicco come RomaBombay, stupisce e costituisce una lezione di stile su come scrivere una canzone il tocco quasi coldplayiano di Le stelle cadono e felicemente antepongono intensità e romanticismo ed intimità e nostalgia rispettivamente Dove vanno gli amori quando finiscono, magari una possibile sorella di Dove andranno mai (I bambini come noi) della sopracitata Turci, e Se ti ho mancato amore, che sembra trasudare un retrogusto islandese, eppure appartenente anche ad un post-rock non ancora prossimo all’esplosione, ma non risultano certamente da meno la chiosa in levare che traccia lo struggente ricordo de Il volo, favorito dal rap di Lucci dei Brokenspeakers, senza dubbio uno dei maggiormente rilevanti esponenti di tale corrente al giorno d’oggi, la ballata Dimmi che è vero quando piangi e le sensazioni rock avvertibili nel corso della titletrack. Tirando le somme, l'”urban pop” è, sarà, potrà mai essere il futuro? Che “urban pop” sia: “Come L’Oro” è un lapalissiano esempio di come si possa ancora scrivere con semplicità dei dischi interamente godibili e meritevolissimi di considerazione, dove non mancano fantasia e voglia di mettersi in gioco. Caratteristiche mai mancate a Giulia Ananìa e la cui necessità risulta essere sempre maggiore con il tempo a venire.
Giulia Ananìa – Come L’Oro
(2017, Bassa Fedeltà / Warner Chappell Music)
1. Come fa questa città
2. L’amore è un accollo (poesia al telefono di Giulia Ananìa)
3. Come l’oro
4. Il gelato (poesia al telefono di Giulia Ananìa)
5. Dimmi che è vero quando piangi
6. Pagine (di Er Pinto, legge Francesco Montanari)
7. RomaBombay
8. Le stelle cadono
9. Goccia (di Er Pinto, legge Michele Botrugno)
10. Dove vanno gli amori quando finiscono
11. Figlia (di Vincenzo Ananìa, legge Michele Botrugno)
12. Se ti ho mancato amore
13. Il muratore (di Vincenzo Ananìa, legge Michele Botrugno)
14. Il volo (feat. Lucci)
15. La notte (Last Coin) (poesia al telefono di Giulia Ananìa, legge Francesco Montanari)