Recensione di Gustavo Tagliaferri
L’Electric Hard Quore non bada a spese, ad un cambio di pelle risponde con una fermezza ed un coinvolgimento non da poco conto, vista la sua condizione di agglomerato sonoro non confinato ad un’unica incarnazione, quella di una manciata di musicisti romani da sempre avvezzi al concetto di evoluzione, scevri a qualsivoglia stereotipo, magari pure talmente legati al copyleft ed al concetto di Creative Commons da esserne tra i maggiormente rilevanti tra gli appartenenti ad essi situati nell’ambiente nostrano. “La Fine Del Potere” non è stato solo lo zenith degli Eildentroeilfuorieilbox84, ma anche, purtroppo, il loro epilogo, e per fortuna l’humus ideale per il nuovo inizio sotto forma di Superbox: se il validissimo primo E.P. è stato solamente un assaggio dei principali intenti di cui ora Giorgio Rampone, Giuseppe Maulucci e Lorenzo Lemme si fanno carico, con questo secondo omonimo lavoro è chiaro come l’equilibrio allora bramato sia stato nuovamente raggiunto. La sensazione che si ha è una volta per tutte quella di un’opera ferrea ancor più del solito, che mette ancora più in evidenza la piega presa intenzionalmente dal trio: una divagazione tra un suono e l’altro recante una natura gradualmente extraterrestre, avente tra i propri riferimenti una corrente che non si concentra sulla sola immediatezza di contenuto, ma include dilatazioni un po’ eteree, un po’ psichedeliche, certamente inusuali, caratteristiche che si confanno ai ragazzi. Permane tutt’intorno la linea alla Devo che li ha particolarmente caratterizzati, risultando colma di vitalità, specie al suono di Pescanoce, che marzialmente continua il percorso già tracciato, con un tono à la Jocko Homo, con Regina, e nel corso del grido universale di Delle bestie, ma si fanno avanti anche istantanee math inserite in contesti spionistici, vedesi Diciannove, se non mandate a nozze con andamenti in levare tipici di un groove partorito da intelligenze cibernetiche, come dimostra la strumentale ONU, eppure nel complesso frutto di un’esperienza ai limiti dell’allucinogeno e del lisergico, per non parlare dell’ascesa dell’electro-space-funk di cui si fa carico Paradosso e di una dose di misticismo di natura mediorientale, se non occasionalmente nipponica, che fa breccia nel corso di Matto per poi imbattersi in una spensieratezza psych e finto-spiritual, per poi dissiparsi e giungere al sodo della questione negli stop’n go al suono di un koto che ondeggia là dove si guarda a certa Cina (Mammuth) quasi a volerla raggiungere come su un treno, rappresentato in questo caso da una chiosa a cavallo tra un azzardato speed-wave ed improvvisazioni tastieristiche che, in un vortice diretto verso l’ignoto, paiono strangolare tra una galoppata e l’altra i concetti di jazz-core e progressive; risultanti il cui fulcro principale probabilmente sta in un’invasione da parte di forme di vita la cui via di espressione viene descritta da un incalzante noise rock dalle pesanti tinte kraut e il cui proclama è tutto nelle note di Alieni. L’Electric Hard Quore, in effetti, è un po’ un genere da alieni, se di genere si deve parlare, ed i Superbox con “2” lo hanno nuovamente attuato senza sbavatura alcuna, confermandosi come una realtà che meriterebbe ancor più considerazione di quella che effettivamente ha. Che l’invasione abbia (nuovamente) inizio!
Superbox (*_°) – 2
(2016, Diavoletto Dischi)
1. Paradosso
2. Matto
3. Alieni
4. Diciannove
5. Pescanoce
6. ONU
7. Delle bestie
8. Mammuth