Intervista di Gianluca Clerici
Il pop rock tutto italiano dei 7Marzo in questo nuovo disco dal titolo “Vorrei rinascere in un lama”. Sono 11 inediti dal forte piglio sociale che molto rimanda a quella scena underground del garage adolescenziale con un mood distorto che diventa assai leggero dai toni che si fanno spesso ironici e pungenti come in “Dai passa questo pezzo” e di melodie accattivanti che restano fin dal primo ascolto come il bellissimo intro di “Grandissimi film americani” o la strofa della title track. Dal pop cinico alle tinte da main stage con distorsioni a tutto volume fino alla romantica chiusura di “Ciao”. In rete sono due i video di lancio e noi li fermiamo per due chiacchiere chiarificatrici:
Un Lama. Iniziamo da qui. Cosa rappresenta per voi? Un modo per scappare dalle responsabilità o un modo per essere finalmente se stessi senza dare spiegazioni?
Il lama rappresenta il desiderio che ciascuno nutre prima o poi di essere diversi da se stessi; in realtà ascoltando il pezzo si capisce che la morale è che, alla fine dei conti, andiamo bene così e che spesso quello che desideriamo già ce l’abbiamo.
Vi lancio un’analisi: nel disco sento molta “rabbia” come voglia di evasione eppure persistono i cliché della forma canzone pop. Un connubio assai particolare…
Rabbia nel nostro disco? No, a nostro avviso c’è invece molta ironia, con un forte uso del paradosso e della fantasia, ma sono espedienti che abbiamo usato per raccontare la realtà e non per evadere.
Per quanto riguarda i “cliché della canzone pop” bisogna prima capire a cosa ci si riferisce, nel senso che se intendi dire che i nostri pezzi ricalcano dei cliché ritmici/melodici o armonici tipici del pop questo non è decisamente vero, invece se ti riferisci all’utilizzo della “forma” canzone, allora assolutamente sì. Comunque sui i cliché delle hit pop ci abbiamo anche scritto un pezzo, che è stato anche il nostro primo singolo estratto dal disco, ovvero “Dai passa questo pezzo”, in cui ascoltando il testo direi che il nostro giudizio a riguardo è piuttosto chiaro. In definitiva, comunque, attingiamo al punk rock per rendere più digeribili e godibili contenuti e soluzioni anche complesse.
E restando a parlare di suoni ci vedo molta America dei teenager in questo primo lavoro. Sbaglio?
Guarda anche in questo non ci trovi d’accordo, perché è vero che le nostre melodie ad un primo ascolto possono sembrare molto dirette e scanzonate, quindi appetibili per un pubblico di giovanissimi e spensierati, ma ascoltando più approfonditamente ci sono sempre legami tra gli arrangiamenti o le melodie e i testi che vanno a sottolineare l’ironia e il paradosso – sempre le nostre chiavi di lettura principali – e che necessitano di un ascolto più maturo per essere afferrate appieno. Quindi diciamo che nella nostra musica ci sono due livelli: uno più superficiale, che tende ad avvicinare anche un pubblico giovane grazie alle musiche generalmente allegre, e l’altra più profonda che, dietro l’allegria delle melodie, mostra il sarcasmo dei testi.
In ogni caso poi non crediamo che l’assioma “disco con elementi punk rock = disco per teenager” così come non crediamo che “disco di musica cantautorale = disco per vecchi Matusa”. Sono tanti gli elementi che contribuiscono a direzionare il target di un disco e crediamo di poter affermare assolutamente che il nostro disco non è destinato ad un pubblico avvezzo esclusivamente alle frivolezze.
Una cosa che non mi è stata facile accettare, parlando di nei, è stata il tanto contenuto dentro un unico brano. Il pop nella sua definizione più qualitativa contro contenuti assai impegnativi non tanto per i messaggi che comunque usano un linguaggio quotidiano, quanto invece nella quantità di cose che troviamo dentro ogni singola traccia. Un sapore agro-dolce… non pensate sia un ostacolo alla fruizione del brano?
Senz’altro i nostri pezzi sono piuttosto “densi”, ma tutte le cose che facciamo sono funzionali a quello che stiamo raccontando, per quanto stravagante possa sembrare. Inoltre abbiamo sempre tentato di rendere i ritornelli meno arzigogolati per aiutare l’ascolto e anche perché è la loro funzione: quella di essere una sorta di “ricompensa” per l’ascoltatore che è rimasto attento a quello che succede nelle strofe.
Da molte parti della critica sembra quasi si debba per forza andare incontro al rinnovamento. Consci che ormai è cosa impossibile o perlomeno che questo disco sicuramente non celebra l’innovazione, voi come vi ponete davanti il tema novità? Per voi è un target da raggiungere o un puro vezzo artistico?
Secondo noi questo è il momento della sintesi: tutte le cose buone che stanno uscendo ultimamente mescolano elementi di vari generi o linguaggi consolidati, creando comunque qualcosa a suo modo “nuovo”. Magari non come la creazione di un sistema (ad esempio tonale, dodecafonico, seriale etc…) ma comunque “diverso”; mi vengono in mente gli Alt-j, ad esempio, che hanno fatto dei dischi pazzeschi mescolando folk e dubstep in modo personalissimo. Noi tentiamo di far questo: attingiamo al punk rock (e non è un peccato, da lì arriviamo, e, per citare esempi illustri lo fecero anche i Police) per raccontare storie surreali e ironiche con un chiaro stampo cantautorale.
Chiudiamo con questa domanda personale: cos’è capitato il 7 di Marzo?
Chiediamo venia ma questo è un segreto che ci porteremo nella tomba 🙂