Intervista di Gianluca Clerici
Quando si dice che la classe non è acqua. Sinceramente questo disco mi ha fatto sudare. Un vero elogio alla chitarra acustica. Unico personaggio narrante in queste lunghe diapositive incise a fuoco dal chitarrista Krishna Biswas che pubblica “Panir” per la RadiciMusic. Un disco pregiato, antico, ancestrale, etnico. Un lavoro strumentale, senza parole ma ricco di immaginari che ognuno lascerà sfogare durante l’ascolto. Un ascolto che poi, mai per una volta, non è possibile mettere in sottofondo. Insomma, a Just Kids Magazine approda anche la buona musica d’autore, quella vera, quella scritta, quella che prevede e pretende cultura. Lasciamolo suonare Krishna. Alle consuete domande di Just Kids Society, il nostro risponde così:
Fare musica per lavoro o per se stessi. Tutti puntiamo il dito alle seconda ma poi tutti vorremmo che diventasse anche la prima. Secondo voi qual è il confine che divide le due facce di questa medaglia?
Difficile trovare una formula od un’equazione efficace per questa tematica così delicata; personalmente ho scisso i due ambiti uno in cui lavoro con la musica sia in ambito accademico che come musicista di stili standard l’altro in cui esprimo senza limiti od alterazioni di movente ciò che credo essere il meglio di me.
Crisi del disco e crisi culturale. A chi dareste la colpa? Al pubblico, al mercato, alle radio o ai magazine?
Un tema ampio e complesso anche questo; posso rispondere con una riflessione. La mancanza di ascolto credo sia figlia della pigrizia e degli aspetti che la alimentano in qualche modo. Probabilmente è una catena di concause che innescano un clima culturale piuttosto arido.
Secondo voi l’informazione insegue il pubblico oppure è l’informazione che cerca in qualche modo di educare il suo pubblico?
Non saprei rispondere, non sono molto informato in merito, non ho la televisione dai primi anni del 2000 e sono immerso nel mondo della musica in modo tale da essere un distratto osservatore delle dinamiche del mercato.
La musica del progetto iBerlino è psichedelia pura, evanescente, che distrugge un certo modo di concepire la forma canzone senza allontanarsi troppo dalla riva. In qualche modo si arrende al mercato oppure cerca altrove un senso? E dove?
Credo trovi un senso in qualunque persona sia in grado di avere curiosità, concentrazione, capacità di ascolto, desiderio di esplorazione ed abbandono.
In poche parole…di getto anzi…la prima cosa che vi viene in mente: la vera grande difficoltà di questo mestiere?
La solitudine.
E se aveste modo di risolvere questo problema, pensiate che possa bastare?
Spero di non trovare una soluzione poichè alimenta l’arte.
Finito il concerto di iBerlino: secondo voi il fonico, per salutare il pubblico, che musica di sottofondo dovrebbe mandare?
Anouar Brahem.
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