Recensione di Gustavo Tagliaferri
L’esperienza intrapresa come Melampus, partita definitivamente con “Ode Road” ed andata evolvendosi tra un salto spaziotemporale e l’altro che da “N°8” ha portato a “Hexagon Garden”, nelle persone di Francesca Pizzo e Angelo Casarrubia, è stata indubbiamente una scommessa vinta su tutti i fronti, anche nel momento in cui ci si è trovati, con il terzo di questi, alle prese con la voglia di tentare esperimenti un po’ più articolati. Vista una simile premessa l’interrogativo sorge spontaneo: quanto può costare per se stessi la scelta di vedere la propria creatura cambiare nuovamente non solo pelle, ma anche nome e modalità di approccio? Melampus diventa Cristallo: scelta tutt’altro che casuale, vista la luce della quale brillavano le precedenti composizioni, ma soprattutto che traccia in maniera ulteriormente marcata quella fragilità che da sempre caratterizza qualsiasi cosa ruoti attorno al duo bolognese. Ascoltare i quattro brani di questo E.P., già da una copertina che è un Giano bifronte, quel materiale a cui si allude che sta per rottura ma anche per ricomposizione, dona sensazioni innegabilmente un po’ spiazzanti, non tanto per le sonorità e le ispirazioni di base, poichè al calore di Nico sembra aggiungersi, per quanto concerne la componente introspettiva, nientemeno che la meticolosità di una Laurie Anderson, a giudicare da quanto gli arrangiamenti siano sì cadenzati e forse più rarefatti di prima, ma soprattutto risultino permeati di una certa cupezza, quanto perché i quattro brani presenti sono a tutti gli effetti delle poesie musicate e l’impresa di cantarle facendo guadagnare loro ulteriore anima risulta inizialmente un po’ ostica, ma finisce anche per portare molte soddisfazioni, che si affronti il tema del ricordo nel ripetuto refrain di Eco e nella ricerca di un tepore la cui agglomerazione è situata in fiati e soprattutto in pads teutonici, oppure ci si immedesimi in panorami apparentemente miti, eppure scendendo in profondità tali da segnare la freddezza interiore, tipica di chi è in procinto di richiamare a sé una stagione, magari Primavera, con il suo beat serrato ed un’atmosfera che è dark-wave a tutti gli effetti, ma soprattutto che si raggiunga il clou di cotanto nuovo obiettivo nei rumorismi, possibili ectoplasmi di lampi e tuoni soffusi, che incombono qua e là nel corso di Come pioggia, dominata da un’ossessiva linea di basso e da arpeggi quasi post-rock e soprattutto nel nervoso excursus di Tutto passa, spiraglio di luce e di speranza che pare mescolare brividi techno, vocalità che pare rifarsi all’universo Projekt e sapori proto-ambient. Seguendo la massima sandmaniana del togliere per aggiungere, alla quale i Cristallo hanno tenuto fede ancor più di prima, un simile nuovo inizio lascia certamente il segno e presenta già molti presupposti affinchè possa venire fuori, con un futuro full length, qualcosa di ancor più ferreo. Pratica che del resto hanno dimostrato di saper compiere sotto un’altra pelle e per la quale si è impazienti.
Cristallo – s/t E.P.
(Asteria / Khalisa Dischi / Cane Nero Dischi, 2017)
1. Eco
2. Primavera
3. Tutto passa
4. Come pioggia