Recensione di Gustavo Tagliaferri
A neanche dieci anni dall’inizio dell’attività con la propria band madre, i Dead Cat In A Bag, di un personaggio come Swanz, al secolo Luca Andriolo, colpiscono molte cose: innanzitutto, il fatto che disponga di una di quelle voci emerse nel giro degli ultimi anni di frammentata scena nostrana modellabili a proprio piacimento e proprio per questo tali da raggiungere alti livelli di duttilità, un felicissimo punto a favore di lavori come quelli pubblicati fino ad ora, e secondariamente che abbia da sempre un occhio di riguardo per le sfide, non per competizione, quanto per curiosità e conseguente voglia di mettere uno zampino senza mai sbavare su repertori altrui, uscendone sempre integro. Aspettando un imminente nuovo lavoro con i sopracitati non fa pertanto eccezione l’opera in esame del solo artista torinese: Swanz, anzi, Swanz The Lonely Cat, con “Covers On My Bed, Stones In My Pillow” rovista tra dieci composizioni del ‘900 che vanno dal country al folk fino alla new wave (!) e ci si mette all’opera senza necessariamente lasciarle ridotte all’osso, semmai preferendo minuziosità ed attenzione ai dettagli, senza alcun eccesso di tecnica, ma con molta passione. Ai momenti che vengono spogliati dei loro vestiti d’origine, da un Elvis Presley che nella riesumazione di Love Me Tender perde la faccia di re del rock’n’roll e resta solo in carne ed ossa, quella di un individuo di classe inferiore il cui disperato lamento potrebbe essere uscito dalla bocca di un Bill Callahan ad un Tyla, unico contemporaneo del lotto, che negli archi della Lovers risultante lascia emergere una preghiera laica molto devota a Leonard Cohen, stessa modalità di approccio leggibile nell’aura di ottimismo che in qualche modo emerge alle prese con il gospel blues di Washington Phillips e della sua Mother’s Last Word To Her Son, si accompagnano esperienze che hanno un che di sentimentale, espediente molto caro a svariate performances di Tom Waits del resto, apparizione/ispirazione non casuale a giudicare dalle splendide interpretazioni della For The Good Times di Kris Kristofferson e della Peggy Sue Got Married di Buddy Holly, e di visionario, dalla Wayfaring Stranger originariamente di Burl Ives e successivamente rivitalizzata anche da Johnny Cash, con un banjo di accompagnamento che accompagna un canto rurale e rumorista al contempo, il tragitto di un viandante che sembra riflettersi come un faro di luce nelle profondità di un tunnel senza fondo, all’eco che si ode gradualmente nel corso dello stesso tragitto quando si mette mano nel repertorio di John Cale, nella fattispecie Thoughtless Kind. Intenti, quelli di Swanz, che ben si confanno anche negli altrettanto galvanizzanti tre esperimenti forse di maggiore rilievo del lavoro: The Eternal dei Joy Division, linee classicheggianti che prendono il posto del soave pianoforte di caratura dark-wave che ha ulteriormente contraddistinto un punto saldo del genere donano una visione speculare ed ulteriormente struggente che nulla toglie e molto aggiunge al brano, un’All Along The Watchtower trasfigurata e resa attraverso un’esperienza folk sferragliata, dalle atmosfere cupe e gravi, e persino Hank Williams e la sua Cold Cold Heart, affascinante tentativo di fare terra bruciata servendosi di distorsioni provenienti da chitarre e violini e richiami ambient di memoria Brian Eno (!) nel vociare che in chiusura come si fa avanti subito si perde in un simile vortice. Da solo, ma non solo: Swanz The Lonely Cat si conferma come un interprete assolutamente degno del proprio ruolo nel momento in cui sceglie di essere alle prese con qualcosa di diverso e “Covers On My Bed, Stones In My Pillow” è una parentesi che lascia il segno. Fatta di personalità e determinazione.
Swanz The Lonely Cat – Covers On My Bed, Stones In My Pillow
(Desvelos, 2017)
1. Love Me Tender
2. Wayfaring Stranger
3. Peggy Sue Got Married
4. The Eternal
5. All Along The Watchtower
6. Lovers
7. Thoughtless Kind
8. A Mother’s Last Words To Her Son
9. For The Good Times
10. Cold Cold Heart