Rubrica di arte Arteria a cura di Davide Uria
Chiara Lombardi vive a Torino e si occupa di fotografia. Da sempre interessata all’arte, nel 2017 si laurea in fotografia presso la RUFA, proseguendo poi gli studi presso l’Accademia Albertina di Torino. La sua ricerca ruota attorno al concetto di smaterializzazione e senso di sperdimento dell’uomo contemporaneo, attraverso la rappresentazione del suo lato più intimo e privato. Corpi nudi o frammenti di corpo, dall’incarnato pallido, uomini o donne colti segretamente e di soppiatto, come se stessimo guardando attraverso il buco della serratura di una porta. Porta dietro la quale vengono svelati fragilità e misteri, dove l’io più recondito può manifestarsi e aprirsi a confidenze o abbandonarsi a pulsioni sessuali. Sono corpi fragili però, che presentano le loro criticità e imperfezioni, che mostrano ferite e segni. Sono corpi-involucro, dei packaging, scatole svuotate della propria anima, di ogni sentimento, come se quelle maschere indossate quotidianamente in pubblico, avessero intaccato anche la sfera privata.
Nello scatto intitolato Tell me your secrets del 2014, due donne nude col volto coperto da fiori, sono fotografate nell’atto di raccontarsi un segreto, appunto. Il colore dei capelli, l’incarnato, i seni simili dei due soggetti, fanno pensare a uno sdoppiamento della stessa persona, come a voler esprimere un sentimento di empatia nei confronti dell’altro. Un forte sentimento di identificazione che porta le due donne ad assomigliarsi fisicamente, e non solo, è anche la loro anima a fondersi, a intrecciarsi. E la stanza diventa quasi un confessionale, un luogo sacro, dove le due furtivamente s’incontrano e si liberano dei propri macigni e segreti reconditi. L’immagine ricorda sommariamente il dipinto del 1939 Le due Frida della Kahlo: un doppio autoritratto raffigurante la Frida amata che conforta la Frida tradita, col cuore distrutto. Nello scatto della Lombardi i dettagli suggeriscono questo senso di sostegno e supporto tra i soggetti, non sono però assegnati dei ruoli: le due donne si sostengono e si consolano vicendevolmente.
Mimesi è un progetto fotografico realizzato nel 2014. Nelle immagini una donna si uniforma agli oggetti che la circondano, portando lo spettatore a riflettere sulla condizione dell’uomo moderno, su un fenomeno della cultura di massa, una forma di schiavitù dettata dagli stereotipi televisivi: la moda, che spesso diventa un’ossessione e ci appiattisce, tanto da annullare le nostre personalità, uniformandoci così al mondo. Nelle immagini i vestiti indossati dalla donna, assumono lo stesso colore degli oggetti. Una poltrona, dei palloncini e degli indumenti, sono il simbolo di queste psicosi, di una società-demone che tende ad inglobarci nei suoi meccanismi, nei quali l’omologazione del pensiero e la serialità contano di più dell’unicità di ogni individuo. I volti celati delle donne sono infatti l’emblema di questa perdita d’identità.
Gli scatti però contengono altre possibili letture, più poetiche e intime. Alludono alla capacità di un corpo di adattarsi alle forme e ai cambiamenti imposti dalla vita. Ed è proprio questa la sfida della contemporaneità: essere all’altezza del caos, provare a conoscerlo, ma senza rimanerne intrappolati. Riuscire a guardare ciò che abbiamo intorno, rimanendo noi stessi, ignorando i condizionamenti esterni, che ci rendono sterili individui che non esistono se non influenzati dai precetti sociali.
Humunch è il titolo del progetto realizzato dalla Lombardi nel 2017. Humunch è un termine inventato, nato dall’unione delle parole human (umano) e munch (masticare). Il progetto consiste nell’appoggiare una fototessera di una persona su una base, masticare per bene un chewing gum colorato, e attaccarlo sul volto ritratto all’interno della fototessera. Il tema della globalizzazione è qui riproposto in chiave pop, se consideriamo che il chewing gum è per eccellenza il simbolo della cultura di consumo di massa del mondo industrializzato. I suoi Humunchies sono ritratti celati dalla modernizzazione e rappresentano tutti quelli che fanno parte del sistema contemporaneo, tutti noi, umani masticati e spersonalizzati dai meccanismi sociali. I chewing gum sono le maschere che inconsapevolmente indossiamo per non mostrarci e per piacere agli altri o sono metafora della nostra anima sfaldata, delle nostre identità corrose e lacerate.
Le fotografie delle Lombardi nascondono e al contempo mostrano le debolezze e le perplessità, la segretezza dei nostri pensieri e delle nostre paure, che emergono talvolta quando siamo in solitudine. Diventano immagini-specchio in cui riconoscersi, poiché mascherare o oscurare un soggetto o una parte di esso significa, come scriveva Friedrich Nietzsche, renderlo profondo, portatore di verità e messaggi rivelatori. È come se, con questo gesto, l’artista avesse compreso le fragilità dei corpi ritratti, con estrema sensibilità, quella sensibilità che contraddistingue gli animi nobili. Proteggere e svelare, allo stesso tempo, per tracciare una sua poetica ben definita: mettere in luce la mercificazione dell’uomo e contrapporla alla sua vera natura. To me allude proprio a questo, la donna si nasconde, per quanto possibile, mentre il suo corpo “imperfetto” è messo in risalto, esibito, seppur sommessamente. L’intento (riuscito) è di scavalcare i limiti sui concetti stereotipati di bellezza e di andare oltre le apparenze, accettarsi per quello che oggettivamente siamo: umani e bellissimi, anche e soprattutto con i nostri difetti. La texture dello sfondo, riprende la stessa del retro delle cornici, posizionate accanto al soggetto. Una scelta che rimanda concettualmente al significato dell’intero scatto, ossia di osservare sempre in profondità le cose e le persone, come nel retro di un quadro dove spesso si celano altri dipinti o curiosità da scoprire sull’artista che lo ha realizzato. La storia dell’arte ne è piena, tanto che in alcuni musei sono state organizzate mostre interamente dedicate al retro dei quadri.
Let me grow è un progetto del 2017. Nelle foto un ragazzo nudo, dal corpo acerbo, appare in bilico tra l’età infantile e l’età adulta, in cerca di una propria dimensione, si sporca di terra o si barcamena tra le difficoltà adolescenziali, le prime spinose controversie della vita matura. Il volto del soggetto è nuovamente nascosto, un modo per difendere la propria identità, superare le ansie di un cambiamento, mimetizzare la paura e preservarsi dalle incertezze del destino. Il titolo Lasciami crescere è probabilmente la frase pronunciata dal soggetto, una sua necessità di emanciparsi. Crescere liberamente, sporcarsi e farsi male, scevri il più possibile dalle influenze e dagli obblighi imposti dai contesti sociali e famigliari. In una realtà dove è sempre più complicato affermarsi, diventa importante sapersi conoscere e ri-conoscere, partendo dal corpo, che si trasforma simbolicamente nel “terreno” di gioco delle nostre esperienze e sperimentazioni.
Gli scatti facenti parte del progetto o rimandano ancora una volta al concetto di identità, nelle immagini è ritratta una donna che porta con sé una palla gigante, da cui il titolo “o”. La palla potrebbe rappresentare il minuscolo mondo immaginario che risiede dentro ognuno di noi, uno spazio intimo e privato senza il quale la nostra esistenza sarebbe insostenibile. L’ambientazione luminosa, quasi lunare, bianca e lattea ci accoglie nel silenzio, spezzato poi dall’azzurro della palla. È l’azzurro delle nostre identità; a volte spicchiamo il volo, liberi di andare ed esprimerci, altre volte soccombiamo. È come se la Lombardi avesse ritagliato un frammento di cielo, restituendolo in forma di sfera. Nell’arte il cielo ha sempre avuto un ruolo centrale e simbolico, prezioso e trascendente, una sorta di ponte tra la terra e il divino, capace di svelare l’immenso, ma anche di mostrare l’ineffabile, tutto ciò che nella realtà non comprendiamo e non possiamo decifrare.
Questa tendenza ossessiva di rappresentare soggetti con il volto coperto, si ripresenta nel lavoro Tu aimes? un esplicito riferimento a Gli amanti di Magritte. Due ragazzi col volto celato da un drappo, un panno che diventa metafora di ostacolo e impedisce loro di guardarsi e definirsi reciprocamente in quanto individui. L’arte della Lombardi è colma di immagini inaspettate e sorprendenti, visioni che insinuano continuamente dubbi sul reale attraverso la rappresentazione del reale stesso. Sono paradossali, poiché apparentemente contraddittorie e contro la logica, ma se analizzate criticamente si dimostrano valide e veritiere.
Operazione che si ripete anche in uno degli scatti del progetto fotografico Marea. Si passa da un drappo a un materiale plastico e trasparente, trasparente come l’acqua del mare. Nessuno conosce l’altro realmente, dunque ci ritroviamo spesso davanti a figure mascherate che occultano la loro interiorità, la quale non può certamente essere valutata fino in fondo a partire dall’apparenza.
In questo breve excursus abbiamo spalancato la porta del piccolo universo artistico della Lombardi. Abbiamo scoperto le sue immagini così cariche di sentimento, eppure così semplici e dirette. Non vi è una sola semplice lettura, che distrattamente potrebbe far pensare a una visione onirica e sognante (quasi giocosa) della vita e della realtà, vi è una moltitudine di messaggi, che sono il riflesso delle nostre esperienze. L’interesse dell’artista è quello di rendere quanto più sintetico un problema ben più articolato, mostrando la solitudine e la fragilità dei soggetti ritratti. Quei corpi eterei e impalpabili, così assenti e svuotati, sono i testimoni della nostra epoca. Si accarezzano lievemente tra loro, in un silenzio mistico, come in un rituale dove il conforto sembra essere l’unica soluzione: l’ultimo baluardo per la salvezza delle nostre anime.