Intervista di Gianluca Clerici
Un esordio con i fiocchi dal titolo “Stages of a Growing Flower” che ha nell’anima e sulla pelle quelle strutture e quel sapore pop internazionale di grande profilo. Origini italo-africane, la bellissima Miza Mayi fa il suo ingresso in società discografica con un disco di inediti e con la speciale collaborazione del suono di sax preparato di Jessica Cochis. Ed è un ascolto che apre orizzonti ed emigra in tendenze soul, jazz lisergiche, lounge e lussuose… ma anche l’aderenza alla quotidianità. Dove l’elettronica comanda e dove la sensibilità di una donna riesce trasforma tutto con poesia e grazie. In rete il video ufficiale. A lei le consuete domande di Just Kids Society:
Fare musica per lavoro o per se stessi. Tutti puntiamo il dito alle seconda ma poi tutti vorremmo che diventasse anche la prima. Secondo te qual è il confine che divide le due facce di questa medaglia?
L’atto in sé di cantare è un elemento per me vitale del quale non posso fare a meno, come non posso fare a meno di ascoltare musica e di ballare.
Non penso si a divertente fare musica per se sessi e basta. Citando il mio batterista Roberto Gualdi: “La musica è un po’ come fare l’amore, se non si è almeno in due non ci si diverte”. Il lavoro rappresenta tutto il resto: le telefonate, i viaggi infiniti, le notti insonni, le paure, le scadenze, l’instabilità, le porte in faccia, i colleghi con i quali non vorresti mai lavorare. Faccio musica perché la amo e non tutti hanno la fortuna di vivere della propria passione, Penso non esista un confine vero e proprio, si fa musica per condividere le proprie emozioni, se dovesse diventare anche un lavoro sarebbe pura fortuna, ma, ribadisco, non è il fine ultimo.
Crisi del disco e crisi culturale. A chi daresti la colpa? Al pubblico, al mercato, alle radio o ai magazine?
Vorrei rispondere citando un testo tratto da Frammenti di Diario Intimo di Henri-Frédéric Amiel:“Le masse saranno sempre al di sotto della media. (…) Il diritto pubblico fondato sull’eguaglianza andrà in pezzi a causa delle sue conseguenze. Perché non riconosce la disuguaglianza di valore, di merito, di esperienza, cioè la fatica individuale: culminerà nell’adorazione della feccia e dell’appiattimento. L’adorazione delle apparenze si paga.”
Il testo è stato scritto nel 1871 eppure è molto attuale.
Secondo te l’informazione insegue il pubblico oppure è l’informazione che cerca in qualche modo di educare il suo pubblico?
C’è informazione corrotta e informazione libera, c’è pubblico colto e pubblico ignorante, ogni elemento insegue ciò che più gli si addice. Il problema di fondo è che il pubblico ignorante pensa di essere colto e che l’informazione corrotta si spaccia per libera, sta a noi capire da che pare stiamo davvero.
La musica di Miza Mayi è un viaggio onirico tra pop e contaminazioni di jazz in gustose derive digitali, la visione on the road di questo futuro dal punto di vista elegante di dettagli preziosi. In qualche modo si arrende al mercato oppure cerca altrove un senso? E dove?
È la mia prima produzione musicale da solista ed insieme ad Eros Cristiani e Jessica Cochis ho voluto lavorare senza etichette e cliché. Non so se la scelta sia folle, non è questo che mi preoccupa, ho semplicemente voluto esprimere ciò che sono e so che qualcuno la fuori coglierà il mio messaggio e capirà. Non si tratta di un disco ermetico, nonostante sia stata fatta un’ampia ricerca l’ascolto è immediato, organico. Non mi interessano le canzonette, voglio nutrire la mia anima e chi ascolta la mia musica, voglio essere generosa.
In poche parole…di getto anzi…la prima cosa che ti viene in mente: la vera grande difficoltà di questo mestiere?
Emergere, nel nostro ambiente ci sono molti professionisti bravi e meritevoli, purtroppo non hanno avuto la giusta occasione di emergere e rimangono nel sottobosco musicale.
E se avessi modo di risolvere questo problema, pensi che basti?
Forse dovremmo prenderci una pausa dai talent show e vedere che succede, sarebbe divertente. Attualmente chi emerge senza aver avuto la necessità di fare un talent ha un certo livello di consapevolezza e professionalità, non accade per caso, bisogna studiare, lavorare sodo, avere delle buone idee e avere sempre un po’ di fortuna, quella serve sempre.
Finito il concerto di Miza Mayi: secondo te il fonico, per salutare il pubblico, che musica di sottofondo dovrebbe mandare?
Ci vorrebbe sicuramente qualcosa di strumentale, allegro, che faccia venir voglia di tenere il tempo, magari un po’ di fusion come Chameleon di Herbie Hancock, oppure del bebop come Moanin’ di Art Blakey And The Jazz Masters, io ne vado matta.