Intervista di Gianluca Clerici
Da città come Napoli si incontrano sempre anime ricche di contaminazione e introspezione che lasciano spiritualmente e didascalicamente il nostro santo paese del pop per dirigersi altrove. Così è stato per la ancora giovane esplorazione di Stefano De Stefano che in arte si conosce con il moniker An Early Bird che pubblica questo nuovo Ep dal titolo “In Depths”: introspezione digitale, sospensione e quel sapore indie appena sussurrato alle mode. Un silenzioso modo per scendere oltre la superficie grigia delle cose. Le nuove indagini sociali nella rubrica di Just Kids Society
Parlare di musica oggi è una vera impresa. Non ci sono più dischi, ascolto, cultura ed interesse. Almeno questa è la denuncia che arriva sempre da chi vive quotidianamente il mondo della cultura e dell’informazione. Che stia cambiando semplicemente un linguaggio che noi non riusciamo a codificare o che si stia perdendo davvero ogni cosa di valore in questo futuro che sta arrivando?
Questo penso valga per ogni aspetto dell’arte in generale. C’è una cultura del sentito dire, dell’ascolto distratto, dell’interesse che combatte continuamente contro una soglia dell’attenzione sempre più bassa: è la cifra dei tempi moderni dove tutti hanno tutto quando vogliono e nella misura in cui lo vogliono.
E se è vero che questa società del futuro sia priva di personalità o quanto meno tenda a sopprimere ogni tipo di differenza, allora questo disco in cosa cerca – se cerca – la sua personalità e in cosa cerca – se cerca – l’appartenenza al sistema?
In realtà non voglio necessariamente appartenere a un sistema, non è una domanda che mi pongo. Io voglio arrivare alle persone e scrivere qualcosa che possa avere un senso per chi è lì fuori con le orecchie tese ad ascoltare. Esistono e sono sempre esistiti i trend e a quel punto la domanda è se salire o meno sul carro di presunti ed effimeri vincitori.
Assisto al passaggio dall’inglese all’italiano di alcuni artisti, allo switch verso sonorità più in linea con quello che succede in giro. Il confine tra l’ispirazione e l’assenza di una propria cifra stilistica è spesso indefinito.
Fare musica per il pubblico o per sé stessi? Chi sta inseguendo chi?
Faccio musica per me e sarei felice se il pubblico riuscisse a rispecchiarsi in quello che mi entusiasma.
E restando sul tema, tutti dicono che fare musica è un bisogno dell’anima. Tutti diranno che è necessario farlo per sé stessi. Però poi tutti si accaniscono per portare a casa visibilità mediatica e poi pavoneggiarsi sui social. Ma quindi: quanto bisogno c’è di apparire e quanto invece di essere?
Direi che ognuno decide per sé. Ma viviamo in un’epoca in cui la scia social spesso è più importanti dei traguardi veri, concreti ed essenziali. Diciamo che in un mondo ideale sei chi sai di essere e lo veicoli nel modo più onesto possibile sui canali che oggi la società ci regala.
Dietro questo lavoro si nasconde il visionario bisogno di un uomo di cercare altro oltre le risposte sfacciate dell’abitudine. Un’opera dell’arte e dell’ingegno, come questo disco, vuole somigliare alla vita di tutti i giorni oppure cerca un altro punto di vista a cui dedicarsi?
Nell’ep ho voluto parlare di cose reali, che affondando le radici nelle esperienze che tutti possono avere. Di rapporti, di sensazioni, di partenze: non cerco risposte ma cerco solo di ordinare attraverso le canzoni il magma emotivo che la vita ci propone.
Parliamo di live, parliamo di concerti e di vita sul palco. Anche tutto questo sta scomparendo. Colpa dei media, del popolo che non ha più curiosità ed educazione oppure è colpa della tanta cattiva musica che non parla più alle persone o anzi le allontana?
Secondo me non si tratta di buona o cattiva musica: c’è un sacco di merda che avvicina le persone e le folle che si riconoscono in essa. Credo piuttosto che sia una conseguenza della cultura del tutto e subito e insieme.
Non esiste più attesa, il tempo è prezioso perché prepara, carica di tensione un momento che deve arrivare. La curiosità esiste quando qualcosa non è facilmente alla tua portata: quando lo è diventa automaticamente qualcosa di scontato.
E quindi, anche se credo sia inutile chiederlo ai diretti interessati, noi ci proviamo sempre: questo lavoro quanto incontra le persone e quanto invece se ne tiene a distanza?
Se si va in tour è per incontrare le persone che ti seguono e dare a quelle che non lo fanno la possibilità di conoscerti no?
E per chiudere chiediamo sempre: finito il concerto di An Early Bird, il fonico che musica dovrebbe mandare per salutare il pubblico?
The National.