Intervista di Gianluca Clerici
Esordio ampiamente anticipato in rete quello della band genovese L’ultimodeimieicani dal titolo “Ti voglio urlare” pubblicato da Pioggia Rossa Dischi. Ampiamente rispettato anche il cliché della scena indie-pop di oggi e dove viene messa a dura prova la personalità artistica. Ma la sfida, anche se dura, riesce per i nostri che ci restituiscono uno vero e proprio sfogo romantico della quotidiana vita in questo paese, dei rapporti e delle dinamiche che ne nascono. Emblematico è l’ultimo singolo di lancio “Cosa vuoi cambiare”… un disco che per lunghi tratti si rende sociale, si rende attuale e non cade in sterili retoriche. A loro non potevano mancare le domande di Just Kids Society:
Parlare di musica oggi è una vera impresa. Non ci sono più dischi, ascolto, cultura ed interesse. Almeno questa è la denuncia che arriva sempre da chi vive quotidianamente il mondo della cultura e dell’informazione. Che stia cambiando semplicemente un linguaggio che noi non riusciamo a codificare o che si stia perdendo davvero ogni cosa di valore in questo futuro che sta arrivando?
Sicuramente la musica è molto cambiata, come però tutto quello che ci circonda, la tecnologia, per dire, ha cambiato anche il rapporto che abbiamo con le nostre passioni. Se prima volevi ascoltarti un disco di Battiato ti sedevi davanti al giradischi e te lo ascoltavi, la tua attenzione era tutta all’ascolto, ora ti puoi ascoltare un disco mentre corri o fai la spesa e la tua attenzione è ripartita. I linguaggi cambiano ma sicuramente in ogni tempo c’è stato del valore e domani probabilmente scopriremo che c’era anche oggi.
E se è vero che questa società del futuro sia priva di personalità o quanto meno tenda a sopprimere ogni tipo di differenza, allora questo disco in cosa cerca – se cerca – la sua personalità e in cosa cerca – se cerca – l’appartenenza al sistema?
Domanda difficilissima. Premettiamo che il nostro album non vuole essere una sfida a nulla e nessuno, non vogliamo dimostrare di essere più bravi di qualcun altro. L’obbiettivo che ci eravamo dati era che venisse fuori un lavoro sincero, senza particolari architetture dietro. Intendiamoci nulla è lasciato al caso in questo disco ma il significato e l’intensità di ogni traccia sono rimasti sempre quelli del momento in cui quella canzone è nata. La personalità l’abbiamo cercata nella scrittura e nella costruzione delle canzoni, l’appartenenza nella qualità del suono.
Fare musica per il pubblico o per se stessi? Chi sta inseguendo chi?
Fare musica sicuramente per se stessi prima di tutto, la musica è uno sfogo, un luogo dove puoi essere onesto con te stesso e dove puoi esprimere tantissime cose anche senza bisogno di aprire la bocca. Poi fa sempre piacere se il pubblico ascolta e apprezza la tua musica, sarebbe una bugia dire il contrario
E restando sul tema, tutti dicono che fare musica è un bisogno dell’anima. Tutti diranno che è necessario farlo per se stessi. Però poi tutti si accaniscono per portare a casa visibilità mediatica e poi pavoneggiarsi sui social. Ma quindi: quanto bisogno c’è di apparire e quanto invece di essere?
Eh questa è una domanda che ci facciamo spesso anche noi. Vediamo che ci sono vere e proprie macchine da social, in certe occasioni sembra che la musica passi in secondo piano e questo per un’artista non dovrebbe essere un compromesso accettabile. Dall’altra parte è vero che viviamo in un mondo sempre più connesso e per far girare la propria musica bisogna mettere una certa attenzione nella comunicazione, per cui fondamentalmente conta essere, ma apparire obiettivamente serve.
Un disco d’esordio di carattere ma anche di attenzione alle linee guida di quello che oggi risulta buono per il pubblico. Un compromesso efficace affrontato con personalità. Un’opera dell’arte e dell’ingegno, come questo disco, vuole somigliare alla vita di tutti i giorni oppure cerca un altro punto di vista a cui dedicarsi?
Questo lavoro fin dall’inizio per noi è stato molto difficile ma spontaneo. Volevamo chiudere in poche canzoni una presentazione di quello che siamo, come a dire “Piacere noi siamo L’ultimodeimieicani” senza bisogno di ulteriori spiegazioni. Voleva proprio somigliare alla nostra vita di tutti i giorni.
Parliamo di live, parliamo di concerti e di vita sul palco. Anche tutto questo sta scomparendo. Colpa dei media, del popolo che non ha più curiosità ed educazione oppure è colpa della tanta cattiva musica che non parla più alle persone o anzi le allontana?
Probabilmente è un concorso di colpe. Alla fine oggi le persone si parlano molto meno, probabilmente si sente meno la necessità del confronto o il peso del doversi arrangiare, che tanto, per tutto, c’è internet. Ci siamo impigriti, ora tutto può arrivarti a casa senza muovere un dito o dover parlare con qualcuno e purtroppo a tanta gente questa cosa piace. Ma ci sono ancora tantissime persone che amano sudare vicino ad uno sconosciuto e urlare come pazzi, finché ci saranno la speranza c’è ancora.
E quindi, anche se credo sia inutile chiederlo ai diretti interessati, noi ci proviamo sempre: questo lavoro quanto incontra le persone e quanto invece se ne tiene a distanza?
Seconda domanda difficilissima. Le canzoni parlano di temi e sensazioni che tutti abbiamo provato, ovviamente tradotte dal nostro linguaggio, dal nostro background. Pensiamo possa incontrare le persone che hanno voglia di ascoltare e cercare di capire l’emozione che c’è dietro una sensazione che spieghiamo a modo nostro. Probabilmente allontana chi nella musica cerca un motivetto che faccia muovere il culo, quello arriva dopo, nel djset.
E per chiudere chiediamo sempre: finito il concerto de L’ultimodeimieicani, il fonico che musica dovrebbe mandare per salutare il pubblico?
Dipende dalla serata a volte potrebbe essere lamette della rettore a volte il cielo in una stanza di Paoli.