Intervista di Gianluca Clerici
Alex Castelli, cantautore bergamasco con alle spalle tanta gavetta, ha pubblicato il suo album d’esordio intitolato “Caduti liberi”. Un album tra canzone di denuncia e invito a non mollare, tra un pop compiacente che piazza messaggi a cui non si resta indifferenti ed un rock (influenza predominante nel cantautore) che tende la mano a chi prende batoste e a chi vive esperienze come gli incontri con certi furbacchioni del caso come in “Gabriele”.
Ciao Alex, “Caduti liberi” è un messaggio per esortare ad essere liberi e a non temere i fallimenti. Ci sono persone e fatti che hanno ispirato le tue canzoni?
Scrivo le canzoni ispirato innanzitutto da vissuti personali… Anche se in “Caduti liberi” il filo conduttore che unisce tutte le canzoni è la paura del cambiamento. La paura di fallire in qualcosa nella nostra vita. Paura che ho vissuto e vivo in prima persona ma che tutti abbiamo almeno una volta vissuto: è una tematica universale. Molto spesso questa paura ci ha bloccato in una fase evolutiva del nostro percorso di vita. Tante volte si evita il cambiamento ma è proprio quest’ultimo il fattore che ci fa evolvere.
Il cambiamento ci porta inoltre ad uno stato di libertà, perché scegliamo di cambiare attraverso il libero arbitrio.
E il libero arbitrio è il dono più grande che riceviamo alla nascita, dono che però la maggior parte delle persone dimentica di aver ricevuto nel corso della vita.
La libertà è un obiettivo da raggiungere per migliorare la qualità della nostra vita.
Come dei bambini che imparano a camminare: si cade ci si fa male, ma si impara a rialzarsi, spesso con qualche ammaccatura, si piange e si soffre, ma poi ci si rialza più determinati e si impara a camminare da soli.
Camminare da soli è il primo passo verso la libertà. Si cade ma poi si diventa liberi.
Tre singoli finora accompagnati dal videoclip: “C’è di mezzo il mare”, “Stanno uccidendo la musica” pubblicato in contemporanea con l’uscita dell’album e “Gabriele”. Cosa lega le tre canzoni con cui hai voluto presentarti al grande pubblico?
Innanzitutto nell’album le influenze musicali e stilistiche sono molto vaste, anche se tutte le canzoni sono frutto delle mie inclinazioni personali. Le tre canzoni scelte sono quelle più significative per il mio percorso di vita e di conseguenza musicale. Sono tre canzoni tra le più rappresentative dell’album per quanto riguarda il tema dell’album: la paura del cambiamento.
L’album è uscito poco prima che proprio la tua città fosse investita dallo tsunami pandemico. Come hai vissuto questa esperienza inedita?
Questo periodo storico è proprio uno di quelli in cui ci vengono posti di fronte tanti ostacoli da superare, che ci mettono a dura prova. Penso che nessuno dimenticherà questi mesi, nella mia provincia (Bergamo) ma in generale in tutto il mondo. Tutti più o meno da vicino hanno ricevuto contraccolpi in qualsiasi ambito della propria vita a causa della pandemia.
In questo momento, la vita ci sta ponendo dinanzi l’obbligo di affrontare dei cambiamenti necessari per quanto riguarda le nostre abitudini. Questi sono i cambiamenti che tutti abbiamo evitato e che prima o poi ci sarebbe toccato affrontare: nella vita non si può evitare il cambiamento. La vita è cambiamento.
Ho vissuto questo periodo come più o meno tutti hanno fatto: a casa, senza contatti “dal vivo” per un paio di mesi, con la compagnia di persone solo in videochiamata, lavorando da casa tramite un pc e informandomi “il giusto”, senza farmi travolgere dall’ingestione mediatica di tragedie, che a mio avviso hanno portato tanta paura di vivere tra le persone.
Quali sono state le ripercussioni sul tuo progetto musicale?
Sono state settimane nelle quali ho portato a casa tante soddisfazioni: la fruizione della mia musica online ha dato linfa al mio album. Attualmente il mio singolo Gabriele è al 2° posto assoluto per ascolti radiofonici tra gli indipendenti emergenti in Italia e al 15° assoluto per ascolti tra gli indipendenti. Non male direi per un periodo di “crisi”.
Per me le crisi sono sempre portatrici di nuove strade e nuove opportunità.
Manca un po’ l’emozione del live: confesso che non ho visto come opportunità il proliferare di eventi live in streaming di questi mesi. Avevo pensato anche io di cimentarmi in un live online, ma ho desistito: mi sono detto “ma tu guarderesti un live in streaming di qualsiasi artista?”, la mia risposta è stata un secco “no” e quindi ho preferito rinunciare.
Adesso che, probabilmente, riusciremo tutti noi della musica a rivedere la luce in fondo al tunnel a cosa stai pensando per ripartire con “Caduti liberi”?
Intanto voglio continuare nella promozione del mio album e dei miei singoli: voglio riproporre il mio primo singolo: “C’è di mezzo il mare”, che a mio avviso ha un buon potenziale, che però non è stato sfruttato appieno.
Poi spero che si sblocchi la situazione della musica dal vivo. Ne sento parecchio la mancanza.
Poi ho in cantiere un nuovo album di inediti, un altro concept album su tematiche sociali.
Uno dei tuoi singoli è “Stanno uccidendo la musica”. Pensando a questa canzone non posso fare altro che chiederti cosa e chi sta uccidendo la musica.
Faccio sempre questo esempio per spiegare il titolo di questa canzone: MTV aveva lanciato i concerti totalmente acustici negli anni 90: gli unplugged. Eric Clapton per primo, poi i Nirvana, i Pearl Jam, gli Alice in Chains e tanti altri e questi live erano ascoltati dai ragazzini di allora. Mi chiedo se nell’MTV di oggi ci sia spazio per musica simile.
I ragazzini negli anni ‘70 ascoltavano canzoni dei Genesis, dei Pink Floyd, degli Yes.. il progressive rock era basato su modalità di composizione che mescolavano musica classica al rock. Le canzoni erano ancora più complesse, duravano 15 o 20 minuti, ma i dischi erano venduti in milioni di copie. Non c’è piu tempo per la musica: non si ascoltano gli album, ma i singoli… pillole di musica.
La pigrizia delle persone uccide la musica. La musica richiede anche impegno nell’ascolto e nella ricerca. Se ci limitiamo ad ascoltare solo quello che viene proposto dai media principali, atrofizziamo le orecchie per quanto riguarda “l’ascoltare” le canzoni, e il cuore per quanto riguarda il “sentire” le canzoni.
La solita scusa è “ma alla radio danno solo questa musica”… in realtà se ci sbattiamo un po’, online troviamo tanta musica, perfetta per noi.
Ma è anche vero che la pigrizia è insita in tutti, anche in me… Servono stimoli esterni: l’amico che consiglia quella band fighissima, oppure i genitori che ascoltano musica vecchia e strana, oppure il cugino che in macchina ci porta a scuola mentre ascolta una playlist con tante canzoni appena uscite, fuori di testa.
Oggi le canzoni devono essere facili da ascoltare, che durino 2 minuti… che si ascoltino per 15 giorni, per poi essere dimenticate.
I più giovani oggi hanno molti più stimoli e i media principali (TV e radio) non li aiutano a scegliere in base alla qualità della musica. Ecco, ‘stanno uccidendo la musica’ non è una protesta, ma una constatazione che nasce dall’osservazione di come la musica viene trattata dai media. Un prodotto puramente commerciale, di largo consumo. La musica viene uccisa perché non c’è più spazio per i tantissimi artisti che puntano alla qualità. La musica muore quando il pubblico non è più in grado di ascoltare musica che impegni il cervello, che stimoli a capire ciò che sta ascoltando, che non si limiti ad ascoltare ma che si impegni a ‘sentire’ la musica.
Eppure oggi c’è tanta musica di qualità. Anche la musica è cambiata, è diventata ‘liquida’… e grazie ai digital store ci sono tante playlist di qualità che consentono di scoprire nuovi artisti affini ai nostri gusti.
In bocca al lupo per il futuro. Hai un messaggio per tutti quelli che sono “caduti liberi”?
Ricordiamoci che possiamo scegliere: scegliamo l’amore piuttosto che la paura, scegliamo di essere liberi e non ingabbiati, scegliamo di cadere e di rialzarci, scegliamo di vivere, non di sopravvivere. Scegliamo, sempre.