#JUSTKIDSREADING: intervista a Martina Collu, autrice del romanzo Il gitano.

Martina Collu è nata a Cagliari nel 1988. Il suo primo romanzo, “Il vestito rosso della contessa”, è un thriller edito da Edizioni DrawUp nel 2018, vincitore della VII Edizione del Premio Nazionale Letteratura Italiana Contemporanea, sezione romanzo edito, bandito dalla casa editrice Laura Capone Editore. Nel 2020 pubblica “Il gitano” con Nulla Die Edizioni, rivolgendo le sue attenzioni alla narrativa non di genere. Attualmente insegna inglese nella sua città natale.

a cura di Frank Lavorino

«Di cosa parla il tuo romanzo Il gitano?».
Il gitano è un romanzo ambientato a Gibilterra tra gli anni ’80 e i giorni nostri. La protagonista è una donna di nome Morea che sta per sottoporsi a un intervento di chirurgia estetica per mettere a tacere una serie di vecchi complessi che si porta dietro dall’infanzia. La prematura morte della cugina Salomè e l’incontro casuale con l’ex compagna di scuola Greta Sciaccaluga, candidata alle elezioni per Chief Minister di Gibilterra, suscitano i ricordi di Morea che ripercorre, non senza sofferenze, alcuni degli eventi più traumatici del passato. Le imminenti elezioni favoriscono un clima di tensione tra tutti i personaggi che in passato si sono resi responsabili di azioni imperdonabili che hanno inevitabili conseguenze sulle vicende attuali. Morea, vittima di intolleranza e dell’ingenuità di chi vuole proteggerla a ogni costo, dovrà imparare non solo ad accettarsi ma anche a perdonare sé stessa e gli altri.

«La dedica in apertura della tua opera recita: “A tutte le persone prigioniere di una definizione”. La stessa protagonista del tuo romanzo, Morea Blanco, afferma di voler dimenticare tutte le definizioni: vuoi spiegarci cosa intende?».
Sin dall’infanzia Morea è stata definita da martellanti e ingannevoli appellativi perché è sempre stata diversa. La sua diversità, però, non si è dissipata con l’età adulta. La lieve disabilità intellettiva, percepita dalla protagonista come una testa di enormi proporzioni, che ricorda quella di un gigante delle mascherate spagnole, diventa la caratteristica che definisce la sua persona. Nessuno le lascia il tempo e lo spazio per l’autodefinizione, nemmeno lei stessa si concede una tregua, fino a quando, finalmente, comprenderà che per esistere non è affatto necessario costruirsi su un modello predefinito.

«Da cosa hai tratto ispirazione per la caratterizzazione dell’affascinante personaggio di Morea?».
Mi lascio sempre ispirare da fatti realmente accaduti, ai quali aggiungo una buona dose di fantasia. Morea, nello specifico, è il frutto di un lungo colloquio con la bambina che non sono più e con l’adulta che non sono ancora diventata. Forse, per rendere affascinante un personaggio, a cui si lascia tanto tempo per trovare la propria definizione attraverso un romanzo, è necessario accentuare certe caratteristiche già insite nella persona comune, abbondare con i difetti e smussarne i pregi. Il risultato sarà sicuramente un personaggio complicato, ma teneramente umano.

«Il gitano è una figura appena accennata, ma è l’elemento imprescindibile attorno a cui ruota tutta la trama. Un personaggio decisamente simbolico: cosa vuole rappresentare?».
Gitano è di per sé una definizione, indica qualcuno che appartiene a una determinata etnia e che non può appartenere a nessun’altra. Nello spagnolo colloquiale, però, assume tutte le sfumature dell’offesa, se a dirlo è qualcuno che non appartiene alla medesima etnia. La stessa cosa, in misura minore, accade anche in inglese, con la traduzione gypsy, mentre in italiano succede con la parola zingaro. Si attiva il filtro del dispregiativo che impedisce di pensare al semplice appartenente a un’etnia, quindi a una persona fino a prova contraria priva di qualità negative, e innesca un meccanismo di odio e intolleranza. Non accade lo stesso se diciamo Sinti, o Kalé, perché probabilmente ignoriamo che si tratta di popoli che hanno affinità con il gruppo etnico degli zingari. L’etnia, l’orientamento sessuale e religioso, l’età, il genere, le disabilità sono tutte categorie dentro le quali l’essere umano da sempre inserisce i propri simili, un po’ per fare ordine e un po’ perché così è più facile capire chi detiene il potere. Tuttavia, ogni filtro è completamente rimuovibile, sia dal linguaggio, quindi dalla mente, che dalle azioni. Il mio gitano rappresenta la speranza di poter usufruire della varietà e della bellezza delle parole, senza più offendere nessuno.

«La storia è ambientata a Gibilterra, che la protagonista definisce “una striscia di terra che ha smesso di pulsare da quando i suoi abitanti hanno scordato chi sono”. Nel tuo romanzo hai deciso di far parlare diversi idiomi, tra i quali il llanito, lingua creola che mescola inglese e spagnolo. Quali sono i motivi della tua scelta?».
Gibilterra è un luogo caratterizzato da fortissime contraddizioni, che gibilterriani, inglesi e spagnoli contribuiscono a mantenere vive. È una terra che parla entrambe le lingue e molto spesso le mischia, stravolgendole. Non è un caso che quella di Morea sia un’esistenza al limite, definita dalle stesse dicotomie sulle quali poggia le proprie basi l’interminabile conflitto tra le due “madri” dei gibilterriani, il Regno Unito e la Spagna. Espressione di questo dissidio è lo llanito, una lingua che a momenti appare come un semplice accostamento di inglese e spagnolo e in altri è un vero e proprio furto di sentimenti spinti con forza dentro un’altra lingua. Milagros Ferrer, la madre di Morea, sa di essere molto più autorevole se rimprovera i ragazzi in inglese, che è una lingua più economica, e quindi più rapida ed efficace. Greta, dal canto suo, parla lo spagnolo solo se costretta. Morea non mischia mai, le è stato impedito da piccola, quasi una lingua creola fosse un peccato. I fratelli Benady, gli amici di Greta, si esprimono spesso in llanito, è il loro modo di fare più cose assieme ed essere più produttivi. Dietro le scelte linguistiche si nasconde sempre un’ideologia e Gibilterra non è da meno.

«Cosa significa per te scrivere e raccontare storie?».
Per me ogni storia si configura come un giusto compromesso tra la realtà è l’illusione. È rilassante immaginare qualcosa che non esiste e renderla accessibile affinché possa esistere per tutti. Scrivere è un’attività complessa che mi permette di conoscermi meglio, di indagare zone recondite e ancora inesplorate della mia interiorità. Soprattutto, mi piace pensare che l’opera di autoanalisi possa essere utile e gradevole anche per chi la compie leggendomi.

«Sei già a lavoro su un nuovo romanzo? Puoi darci qualche anticipazione?».
Attualmente sto lavorando a un possibile sequel del mio primo romanzo Il vestito rosso della contessa.

Titolo: Il gitano
Autore: Martina Collu
Genere: Narrativa contemporanea
Casa Editrice: Nulla Die Edizioni
Collana: Parva res. I romanzi
Pagine: 201
Prezzo: 16,00
Codice ISBN: 978-88-691-53-143

Contatti
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http://nulladie.com/catalogo/425-martina-collu-il-gitano-9788869153143.html
https://www.amazon.it/gitano-Martina-Collu/dp/8869153142

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