Intervista di Gianluca Clerici
Ci raccontiamo di emancipazione e di fatiche sociali, ci raccontiamo anche di dettagli estetici assai accattivanti, di suoni piccoli, di una voce che non grida ma allo stesso tempo narra con forza. Lei è VEA, questo è il suo nuovo disco dal titolo “Sei chi non sei”. Si mette a nudo, sfoggia una maturità che un poco la distacca dai suoi esordi… sempre eclettica ma sempre di una personalità decisa ed elegante. Canzone d’autore che ci piace, moderna, che si distingue. A lei le nostre consuete domande di Just Kids Society.
Parliamo di musica o di gossip? Oggi il mondo sembra più attento agli effetti di scena, da dare in pasto al giornalismo e alle tv più che ai contenuti degli artisti. Ecco la domanda: perché qualcosa arrivi al pubblico di questo presente meglio badare quindi alla scena o restare fedele ai contenuti?
La scena per me è un luogo che si manifesta nell’interazione con un pubblico e per questo ha tutto il mio rispetto e la mia devozione. C’è una cosa soltanto che non posso fare ed è prendermi gioco degli altri: stare sulla scena ha le sue regole, ma non posso fingere di essere chi non sono… tant’è che ho scelto un titolo per il disco che mi faccia da reminder…se ti accorgi che non sei più te stessa, fermati e ritrovati. Se non sei te stessa, chi ti crederà?
Guardiamo sempre al passato, alle radici, ai grandi classici per citare insegnamenti e condizionare le mode del futuro. Perché? Il presente non ha le carte per segnare una nuova via?
Il presente è il passato del futuro, sta già segnando una nuova via, ma non siamo ancora pronti a vederla…un po’ come quando si vive una crisi: bisogna attraversarla, superarla e a quel punto risolverla. In ambito artistico, però, bisogna restare molto ancorati al momento che si vive, cercando di proiettare se stessi e gli altri verso il futuro o verso una trasformazione perpetua del presente che non lo renda mai futuro. Quindi ascoltate più musica emergente, ahahahahah!
Che poi di fronte alle tante trasgressioni che ci vengono vendute dalle televisioni, quante sono davvero innovative e quante sono figlie sconosciute e mascherate di quei classici anche “meno famosi” di cui parlavamo poco fa?
Credo che mediamente sia tutto un rimescolamento continuo dei grandi classici, ma, ripeto, è naturale che si insinui un briciolo di novità, perché siamo nel presente! Bisogna aguzzare i sensi e focalizzarsi solo su quella.
Scendiamo nello specifico di questo disco, che non ci sta a giocarsi sfarzi e luci accecanti ma piuttosto gioca con i chiaro-scuro, gioca con questa voce un poco sussurrata… un disco che cerca la diversità. E dunque come può parlare al pubblico di oggi che sta continuamente con i telefonini in mano a cercare di identificarsi dentro suoni digitali di format discografici ciclicamente copiati e riproposti?
Forse non parlerà a molti, ma le parole sussurrate all’orecchio sono quelle che fanno venire la pelle d’oca. E poi non dipende tanto dallo stile del disco, ma da quanto verrà divulgato come contenuto di valore. Se stai col telefono in mano, mi trovi e magari proprio perché non rientro in uno schema, ti soffermi e mi ascolti!
Parliamo di cultura e di informazione. Siamo dentro un circo mediatico dalla forza assurda capace di fagocitare le piccole realtà, anzi direi tutte le realtà particolari di cui parlava Pasolini. La musica indipendente quindi che peso continua ad avere? Oppure viene lasciata libera di parlare tanto non troverà mai terreno fertile di attenzioni?
Il giorno prima dell’uscita del disco mi sono posta lo stesso quesito e, per trovare una soluzione esatta, ho messo un CD sulla bilancia: la mia risposta è, quindi, 24g. La coincidenza vuole che sia anche il peso che potrebbe avere l’anima…
La musica indipendente viene un po’ lanciata nel buco nero del web e lasciata sola, ma per me l’anima sta tutta li.
Più in generale, la musica può tornare ad avere un peso sociale per la gente quotidiana?
Me lo auguro con tutto il cuore. Basterebbe che tutti cominciassero a suonare e/o cantare da piccolini. Imparare a suonare con gli altri, insegna ad ascoltare e a convivere: ognuno mette in campo il meglio di sé per un bene comune…non sarebbe un mondo meraviglioso?!
E restando sul tema delle trasformazioni: vinile, CD o canali digitali? Oggi in fondo anche la musica è gratis, basta un click… è segno del futuro o è il vero cuore della crisi? Che poi tutti condannano la gratuità però tutti vogliono finirci su Spotify…
Sono cresciuta e cambiata mentre la tecnologia si sviluppava rapida sullo sfondo: uso Spotify davvero tantissimo! è come un negozio di caramelle con la porta sempre aperta e l’ all you can eat. Però compro anche i dischi e pure i vinili. È il futuro, ma anche una delle cause della crisi…
A chiudere, da sempre chiediamo ai nostri ospiti: finito il concerto di Vea, il fonico cosa dovrebbe mandare per salutare il pubblico?
“Short and sweet” di Brittany Howard.