A cura di Gabriella Rossi
A Porto Empedocle nel 1925 nasceva Andrea Camilleri. Intellettuale libero e il cui peso nella storia del nostro paese merita d’essere riconosciuto ancor più di quanto già non avvenga.
Cominciamo da una premessa. Solo chi è nato sotto il cielo della Trinacria – o quantomeno ha avuto la lungimiranza di programmare una vacanza sull’isola – può godere davvero delle storie di Camilleri.
Per quelli che non hanno mai toccato le sacre sponde sicule, il consiglio è di servirsi di ogni mezzo possibile: video, fotografie e documentari che mostrino in pixel cos’è la Sicilia. Imprigionata negli stereotipi del sole, della mafia e del buon cibo ma che ha mille e più volti, impossibili da scoprire in una vita soltanto.
Allora vengono in aiuto i maestri e da Palermo a Siracusa possiamo affermare che l’isola sia una vera e propria terra santa per il mondo delle lettere. I siciliani hanno una filosofia tutta loro, con giornate scandite da tempi lenti ma con i pensieri che vanno di corsa e che si traducono in sentenze spesso affilate.
Verga, Pirandello, Sciascia, Vittorini e infine Camilleri.
Da laureata in letteratura italiana, questi nomi rappresentano le linee dell’ideale pentagono che ha mosso la mia scoperta della Sicilia. Una regione ricca di bellezza, arte e filosofia, miseria e omertà, nobiltà e senso dell’onore. In una parola: contraddizioni.
Ogni autore mi è servito a comprendere un lato dell’isola e aver avuto la fortuna di visitarla quasi tutta mi ha aiutata a scoprire le facce, le storie e quel confine labile tra verità e disincanto che i siciliani portano negli occhi.
Doverosa la premessa per provare a raccontare di Andrea Camilleri, la cui scomparsa nel 2019 – seguita la scorsa primavera da quella del conterraneo Franco Battiato – pone il punto di fine novecento alla capacità siciliana di partorire personalità straordinarie.
Continuiamo con ordine: chi era Camilleri?
Un bambino che – per manifestare il proprio ateismo – si fa espellere dal collegio dopo il lancio di un uovo su un crocefisso. Un ragazzo che non conclude l’università e che, pur avendo vinto un concorso, non entra in RAI solo perché comunista. Poi ci ripensano e lì diventa aiuto regista e sceneggiatore. Un giovane uomo, amante della parola e del teatro. Il primo a portare Samuel Beckett in Italia e che insegna regia all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico.
Nei diversi momenti della sua vita c’è una costante: la scrittura. Dai racconti pubblicati su riviste di Palermo come L’Ora , fino all’esordio letterario datato 1978 con Il corso delle cose. Il successo che lo consacra maestro del giallo arriva a vent’anni dal primo romanzo, quando ormai l’Italia ha imparato a conoscere e amare il commissario Salvo Montalbano.
Montalbano sono!
Camilleri nel 1994 con La forma dell’acqua , edito dalla Sellerio, segna l’atto di nascita di Montalbano capace, con il solo passaggio dall’italiano al dialetto, di raccontare le mille contraddizioni della Sicilia.
Personaggio letterario iconico – entrato nell’immaginario collettivo per la trasposizione RAI, dove la faccia è quella di Luca Zingaretti – e in grado di generare centinaia di figli, nipoti e nipotastri. Quanti commissari non sarebbero esplosi sulle pagine di tanti scrittori se il 6 settembre 1925 a Porto Empedocle non fosse nato Andrea Camilleri?
Con un corpus di ventotto romanzi che vanno dal 1994 al 2020 – ultimo è il postumo Riccardino – Camilleri è riuscito a dar vita a uno dei fenomeni letterari più importanti del novecento: la sua avventura in blu targata Sellerio ha segnato il punto di partenza per tutti i fenomeni editoriali che affollano le librerie d’Italia.
Camilleri, con la voce scolpita dalle sigarette e dallo sguardo furbo e fiero, è uno di quelli per cui il titolo di maestro non è sprecato. La sua è l’ultima penna nella schiera dei grandi siciliani che hanno descritto i mutamenti della storia e indagato tra le pieghe delle umane faccende e andrebbe celebrato ogni giorno.
Lo facciamo oggi che avrebbe compiuto novantasei anni con una speranza: che le sue parole segnino, per i lettori, percorsi da seguire e che in questi tempi incerti non vada perduto il gusto di scoprire, cercare, lottare e finanche di porsi domande e meravigliarsi davanti all’immensa distesa di un lembo di mare.
Buon compleanno maestro, te lo auguro con la promessa personale di un peregrinaggio nelle tue terre. Con l’eterna devozione dei discenti, spesso indegni, ma ai quali la storia costringerà a reimparare a camminare con la schiena dritta. E, si spera, nella giusta direzione. Anche grazie ai tuoi insegnamenti.