A cura di Alice Galimberti
Videoclip
Gli ultimi – Favole
Questo secondo appuntamento con la rubrica delle VideoAnalisi è arrivato in anticipo sui tempi perché oggi (9 ottobre 2021, ndr), per Time To Kill records/Hellnation records, esce il disco de Gli Ultimi dal titolo Sine Metu.
Già il 7 settembre, però, è stato pubblicato il videoclip animato di uno dei brani dell’album. Come da dichiarazione dello stesso Zerocalcare , questo videoclip rappresenta la concretizzazione di una promessa fatta nel lontano 2013: Favole.
I video animati, da quelli che usano la tecnica stop motion a quelli in computergrafica 3D, si sono sempre connotati come una scelta stilistica particolare per promuovere un brano musicale ma, tra il 2017 e il 2020, si è assistito a un’esplosione di massa di quelli in tecnica 2D, forse considerati i più classici esempi di video animati.
Oltre ai Gorillaz – noti per usare il video animato da sempre come formula standard per la veicolazione della loro musica – ne hanno usufruito, tra i più noti, anche Jay-Z e Taylor Swift (nel suo caso si trattava di un lyric video). Sul panorama nazionale, abbiamo i videoclip di Colapesce e Dimartino e Loredana Bertè.
Tutti questi video sono animati in maniera fluida e ricchi di colori. Poi arriva Zerocalcare nel 2021 a rompere il paradigma con Favole, un videoclip interamente animato in 2D, ma in bianco e nero, tranne nei momenti in cui il protagonista è ubriaco e sogna. Lo stile di animazione non è così fluido, ma nemmeno scattoso come quello dei primi flipbooks o dei primi esperimenti di animazione. È una via di mezzo, per nulla fastidiosa.
La vicenda dell’adolescente che trova il suo posto nel mondo attraverso la musica punk-rock è narrata seguendo il modello della fiaba classica. Con un po’ di sforzo, si possono individuare le funzioni di Propp e persino analizzare i riferimenti che vediamo in scena rispetto a romanzi fiabeschi e favole popolari, nonché a lungometraggi animati.
Il libro di fiabe
“C’era una volta, ma c’è anche adesso”
Il video comincia con un libro di favole che si apre e trascina lo spettatore al suo interno, come nella più vecchia delle tradizioni del primo periodo dei Classici Disney, ma c’è anche un lungometraggio della DreamWorks Animation in cui un libro di favole compare all’inizio per introdurre lo spettatore con un’accezione di ironica disillusione nei confronti delle fiabe ed è Shrek (2001). Se si prova a unire la magia Disney alla disillusione del “Sì, certo! Aspetta e spera!” dell’orco verde ecco che otteniamo l’inizio di Favole.
Le pagine del libro di favole giocano un ruolo fondamentale nel video per veicolare alcuni messaggi.
Si creano similitudini e rimandi tra la rappresentazione di un modello della realtà e le favole attraverso l’accostamento del modo di dire francese “À trompeur, trompeur et demi”[1], che campeggia su tre pagine proposte insieme all’illustrazione del boccale di birra, legato all’universo della storia narrata, e a quelle della favola La Bella e la Bestia e del romanzo Le avventure di Pinocchio.
Il modo di dire può trovare dei corrispettivi in “Chi la fa, la aspetti” o in “Chi di spada ferisce, di spada perisce”, ma la traduzione del termine trompeur, che è quella che si lega alle immagini, è ingannatore.
Il boccale di birra, accostato al modo di dire, può essere interpretato come il modo per ingannare la realtà, annullando la propria capacità di essere lucidi e comprenderla appieno, ma è anche un raggiro perché dalla realtà non si può scappare e se non si è lucidi non si può nemmeno agire per cambiarla.
In entrambe le versioni della fiaba francese La Bella e la Bestia, il mercante dopo aver goduto dell’ospitalità al castello, cerca di rubare una rosa dal giardino per la figlia. In quel momento si palesa la Bestia, padrona del castello che lo ha ospitato. A questa interpretazione, si aggiunge in seguito la morale che la favola porta con sé: si giudicano le persone solo in base alle apparenze.
Ne Le avventure di Pinocchio, infine, il burattino viene arrestato dai Carabinieri dopo che è stato vittima di una rissa tra compagni di scuola in riva al mare e riesce con uno stratagemma a scappare, esattamente come accade al protagonista del videoclip animato. Si assiste a un’ingiustizia basata su un inganno perpetrato dal burattino nei confronti della fata e poi nei confronti di Pinocchio. Anche nel video si vede una donna che cerca di aiutare il protagonista del video, appena cacciato dal bar, ma viene trattata malamente.
Un ultimo momento in cui si vede un’illustrazione del libro di favole è per fare un’altra critica sociale attraverso la presentazione del personaggio del Salvatore descritto come colui che attira l’ingannato per condurlo al lieto fine, peccato che prima degli eroi (i fan della musica rock/punk) vengano presentati i falsi eroi (il prete e l’impiegato dell’agenzia lavoro interinale) pronti a giudicare e sfruttare, piuttosto che aiutare.
La realtà degli eroi è, a sua volta, molto complessa: nel video compaiono, ad esempio, riferimenti alla cultura skinhead che è composta da tante sottoculture (politicizzate e non) e qui è rappresentata nel suo senso più originario di individui oppressi dalla società che è contro di loro: chi non conosce le diverse sottoculture del movimento fa fatica a comprendere le sfumature che divergono da una base comune [2].
L’ultimo momento in cui vediamo il libro è in chiusura. Si vede che il protagonista ha raggiunto quella che Propp chiama la ricompensa finale: il personaggio è entrato a far parte di una comunità ed è diventato adulto.
Altri riferimenti all’animazione
Sopra si è detto come il libro richiamasse tradizioni disneyane e Shrek. Altri riferimenti a un lungometraggio animato sono le due scene in cui il protagonista ubriaco sogna, richiamando quello che succede a Dumbo nell’omonimo classico del 1941 con i rosa elefanti. Non a caso, sono gli unici momenti del video in cui sono visibili dei colori, perché sono momenti psichedelici e creano uno strappo dalla realtà, bicolore e fredda.
Ci aono due differenze tra gli eventi onirici di Dumbo e quelli del videoclip di Favole. La prima è che l’elefantino beve dello champagne per errore, mentre il protagonista di Favole beve per sua scelta. La seconda è che il ragazzo di Favole non si ritrova in un incubo, ma in un mondo più simile al Paese delle Meraviglie: per il lui, le fantasie sono meglio della realtà.
Più avanti, si iniziano a intravedere delle tinte più oscure, ma solo in apparenza: una band suona davanti al suo pubblico che,inizialmente, sembra una foresta di occhi inquietanti. In realtà, quando la luce illumina i volti, si scopre che le persone si stanno divertendo e che non c’è nulla di spaventoso. Qui possiamo trovare un richiamo anche a Biancaneve e i sette nani (1937).
Il momento veramente inquietante arriva a tre quarti del video, quando il protagonista fugge dalla polizia e vediamo i tentacoli dei mostri che popolano la sua mente in quello che è un incubo a occhi aperti: la realtà contagia negativamente l’interiorità dell’individuo.
Il character design del protagonista
Secondo il teorico del cinema Béla Balàzs, il film è in apparenza fratello gemello dell’opera teatrale, ma si avvicina al romanzo, perché la colonna visiva (quello che si vede sullo schermo), tessuta da un narratore invisibile, arriva direttamente allo spettatore così come le frasi di un romanzo arrivano direttamente al lettore[3].
Per derivazione, questo principio può essere applicato anche all’animazione. Ne consegue che anche i personaggi nell’animazione rimangono in qualche modo legati alla loro controparte letteraria, almeno nello sviluppo, per le loro caratteristiche fisiche e psicologiche che l’animatore assegna loro attraverso le sue abilità nel disegno.
In Favole, i personaggi sono piatti. Questo avviene sia per una questione di durata (un videoclip ha pochi minuti a disposizione per raccontare una storia e di conseguenza i personaggi non possono essere troppo strutturati), sia per praticità. Infatti, questa tipologia di personaggio viene descritta dallo scrittore E. M. Forster in Aspects of the Novel (1927) come basato su “una singola idea o qualità”.
Il fatto che il video sia in bianco e nero rende i personaggi ulteriormente meno caratterizzabili su più livelli, perché viene a mancare nel character design la simbologia legata ai colori. I codici del character design servono allo spettatore come base di partenza per iniziare la decodificazione del personaggio che si muove sullo schermo, tenendo presente che:
“l’interpretazione dei disegni dipende dalle esperienze di background dello spettatore”[4].
Per attuare una decodificazione, ci si affida alle forme che ricorda un personaggio. I tratti arrotondati sono generalmente associati a un personaggio amichevole, completo, stabile e non minaccioso; i tratti rettangolari possono essere facilmente associati a un personaggio che può essere identificato come ambiguo; se il personaggio ricorda un quadrato viene considerato stabile, per via di una evidente simmetria nelle forme; i tratti triangolari evocano instabilità e spesso sono collegati all’azione, all’aggressività e all’energia. Un’altra chiave di lettura importante è data dall’attorialità dei personaggi e, secondo l’animatore Frank Thomas, da una componente attrattiva:
“Un disegno debole manca di attrattiva. Un disegno complicato manca di attrattiva. Design scadente, forme goffe, movimenti strani, sono poco attrattivi. Gli spettatori si divertono a guardare qualcosa che li attrae, che si tratti di un’espressione, un personaggio, un movimento o una situazione della trama. Se un attore dal vivo ha carisma, il disegno animato ha attrattiva.”[5]
Con questa base di informazioni, si può dare uno sguardo al character design del protagonista. Il videoclip Favole, trattandosi di una favola moderna, pone lo spettatore davanti a un antieroe, ovvero:
“un personaggio centrale in un’opera drammatica o narrativa a cui mancano le qualità di nobiltà e magnanimità attese dagli eroi e dalle eroine tradizionali nei romanzi e nelle epopee. L’antieroe è anche una figura importante nel dramma moderno. In questi spettacoli, come in molti romanzi moderni, il protagonista è un fallimento inefficace che cede alla pressione delle circostanze. L’antieroe non deve essere confuso con l’antagonista o il cattivo.[6]”
Se si osserva la classificazione che il semiotico Andrea Bernardelli fa degli antieroi nel saggio L’antieroe dai mille volti. La migrazione di un dispositivo narrativo dalla letteratura alla serialità televisiva, si può ricondurre il protagonista alla tipologia dell’everyday man che risponde alla citazione: “sono quel che sono”.
È un personaggio senza caratteristiche speciali, ma nemmeno l’ambiente che lo circonda necessita di un eroe. È un antieroe perché per lui la funzione di eroe è inutile. Bernardelli afferma che un antieroe non porta con sé dei valori positivi, ma non è nemmeno disposto a compiere atti malvagi. Egli occupa uno spazio a metà tra un eroe e un cattivo. Ma a differenza di questi due personaggi, debbave essere per forza un personaggio complesso.
Zerocalcare lo contraddice: il suo protagonista antieroe non è un personaggio a tutto tondo, però evolve a fine video. Nuovo colpo di scena: il protagonista del video è un everyday man con alcuni tratti di un villain che cambia schieramento perché da incompreso riesce a crescere e a far cessare il proprio turbamento interiore: diventa l’eroe del suo stesso vissuto.
Questa evoluzione la osserviamo anche attraverso il character design, dapprima spigoloso e composto principalmente da triangoli e nell’ultima scena più morbido e squadrato.
Per quanto riguarda l’attorialità si può apprezzare una grande presenza di ombre e che l’unico punto di luce siano gli occhi che, cambiando forma, trasmettono lo stato d’animo del personaggio. Zerocalcare ha reso la mancanza di ombre sottili sul volto – da sempre un problema dell’animazione bidimensionale – un punto di forza, estremizzando e correndo il rischio di appiattire ancora di più l’immagine. Ma grazie agli occhi, che sono il principale mezzo di comunicazione non verbale tra individui anche nella realtà, arrivano tutti gli stati d’animo.
La musica nel video &
Ultime conclusioni sul montaggio
L’esperto Diego Cassani ricorda nel suo Manuale del montaggio che spesso il videoclip è un terreno di sperimentazione per quanto riguarda il rapporto tra musica e immagini, perché libero dai vincoli di comprensione che caratterizzano le altre tipologie produttive dell’audiovisivo.
Trattandosi di un videoclip animato, viene a decadere in gran parte il problema dello straniamento (ciò che si vede non è accompagnato al proprio rumore), perché l’animazione include anche alcuni suoni enfatizzanti che non esistono nella realtà (sono gli stessi suoni onomatopeici che caratterizzano anche i fumetti, ma lì si possono direttamente leggere). In questo caso, vengono semplicemente ignorati.
Immagini e musica mantengono ugualmente due percorsi distinti e indipendenti, ma non esattamente paralleli come in un classico videoclip: ogni tanto le due strade si incrociano. Esempio: nella prima strofa del brano si trova una corrispondenza perfetta tra parole e immagini.
Il montaggio di questo videoclip è visibile, ma è anche narrativo perché la storia è estremamente semplice per lo spettatore da ricostruire. L’uso del flash cut in determinati momenti rende alcuni elementi quasi impossibili da captare e decifrare a una prima visione, ma accelera il ritmo d’insieme e l’effetto di confusione è decisamente voluto.
Credits video
TITOLO: Favole
DATA DI USCITA: 7 settembre 2021
GENERE: videoclip musicale
REGIA: Michele Rech (Zerocalcare)
PAESE DI PRODUZIONE: Italia
DURATA: 4.12 min.
DISTRIBUZIONE: Hellnation Records & Time To Kill Records
SCENEGGIATURA: Michele Rech (Zerocalcare)
MONTAGGIO: Michele Rech (Zerocalcare)
MUSICA: Gli Ultimi
Sabato 9 Ottobre 2021
GLI ULTIMI
live showcase di presentazione dell’album Sine Metu
Sabato 9 Ottobre 2021 presso Scalo Playground
in Largo Settimio Passamonti (quartiere San Lorenzo)
open act: Plakkaggio
Prima e dopo i Dj Set di Ally & T8tino
dalle ore 21:00 – ingresso libero
altre info https://fb.me/e/OK5AIAfp
Note al testo
[1] Il motivo per cui la lingua scelta all’interno del libro è il francese potrebbe risiedere nel fatto che Zerocalcare è per metà francese e per il fatto che, avendo legami con la Francia fin da piccolo, conosce alla perfezione la lingua e sia anche un modo per rievocare la sua dimensione dell’infanzia.
[2] Compreso chi scrive non riesce a gestire tutte le informazioni, quindi non ci si arrischia in ulteriori analisi, ma la lettura del libro Spirit of 69: A Skinhead Bible di George Mashall potrebbe fare luce sulle diverse sottoculture anche perché, secondo l’autore: “Esistono tre generi di bugie: le bugie, le dannate bugie e le bugie sugli skinhead”
[3] C. Metz, La significazione nel cinema, Bompiani, Milano, 1975
[4]Crystal Marshall, Character Design: An Analyses Guided by Semiotics, NSCAD University, 2007
[5] F. Thomas e O. Johnson, The Illusion of Life Disney Animation, 1st Hyperion ed., 1984, p. 68 (mia traduzione)
[6] C. Baldick, The Concise Oxford Dictionary of Literary Terms, Oxford, 2001, Oxford University Press, p. 13 (mia traduzione)