Intervista di Mery Perillo Scarpato
Danzatrice e coreografa diplomata presso la Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi, Annamaria Ajmone è stata ospite al Torino Danza Festival 2021 con il suo spettacolo La notte è il mio giorno preferito. Il titolo è tratto da una citazione di una lettera a Otis Philips Lord di Emily Dickinson .
Ho avuto l’onore di intervistarla, ed essendo una grande appassionata di danza, è stato davvero un onore oltre che un piacere.
Annamaria, come si è avviata la tua carriera di coreografa, ma in primis di danzatrice?
In realtà, non sono cresciuta con l’idea di fare questo lavoro. Ho tutt’altra formazione: ho una laurea magistrale in Lettere Moderne all’Università Statale di Milano. Mi sono avvicinata alla danza tardi: ho studiato danza in scuole private e, intorno ai ventitré anni, ho intrapreso il percorso per entrare nell’Accademia. Tutt’ora mi domando cosa mi abbia spinto a bussare a quella porta: probabilmente una premonizione. Qualunque cosa si stata, la ringrazierò sempre. Successivamente, è iniziato il mio percorso alla Civica Scuola di teatro Paolo Grassi, dopo il quale ho iniziato subito a lavorare.
Possiamo, dunque, definirla una vocazione?
Sicuramente avevo in mente qualcosa di diverso rispetto a quello che, a quel punto della mia vita, mi sono ritrovata a fare. Inizialmente, volevo fare la curatrice. Ma ho da sempre una passione per l’arte visiva in generale: per la musica, per la danza.
Quella di fare quell’audizione è stata comunque una scelta. Magari dettata da queste passioni?
Sì. Diciamo che, se avessi pensato troppo, forse non lo avrei fatto. Di fronte a questo tipo di cambiamenti di vita, spesso ti ritrovi a dire: “ma che cosa sto facendo?”. Probabilmente, quella forma di incoscienza data dalla giovane età e quella misteriosa vocina che ci sussurra all’orecchio i nostri desideri mi hanno aiutato ad affrontare il cambio di rotta.
Non sapevo bene cosa aspettarmi; il mondo della danza era ancora quasi del tutto sconosciuto per me: non avevo cultura sull’argomento. Ricordo ancora, infatti, quando al provino mi chiesero se sapessi chi fosse Pina Bausch: ho capito che avrei dovuto studiare e dare giustizia a quell’interesse che stava nascendo. All’inizio è stato molto strano, anche complesso, ma mi sono innamorata.
Che cos’è per te la danza?
Un lavoro, è la mia professione, è serenità, è un mezzo attraverso il quale riesco ad esprimere i miei pensieri e a trasmettere le emozioni. È uno specchio del modo in cui voglio essere presente nel mondo e nella società.
È un pensiero molto bello e che fa riflettere. Immagino che aspiri a trasmettere queste sensazioni anche attraverso le tue coreografie.
Ho interessi e fascinazioni che porto con me sul palco e che sono inevitabilmente legati a ciò di cui mi nutro: un certo tipo di letteratura, un dato genere musicale. Sono in continua ricerca di un gusto estetico che faccia parte del mio bagaglio personale dal quale attingere per intuizioni o idee che ruotino però tutte all’interno dello stesso nodo di argomenti.
Durante la preparazione del mio ultimo spettacolo No Rama, per esempio, stavo leggendo un testo che ha poco a che fare con quello che poi è stato il mio lavoro finale. La cosa che più mi ha colpito è stata la descrizione di un nocturama, un animale notturno, che mi ha ispirato per la messa in scena: ho pensato di ergere una costruzione di un ecosistema artificiale in una palude.
Quando ho iniziato a pensare al progetto successivo, mi è successo qualcosa di simile. Una sera, con altre persone, abbiamo iniziato un gioco: utilizzare richiami in uno spazio aperto e ascoltarne il ritorno. Il risultato mi ha colpito molto e ho iniziato una ricerca specifica, anche teorica e visiva, di cui poi magari vi parlerò meglio.
Posso dire che tutti i miei lavori sono nati da collaborazioni con altri artisti, ma da una mia idea di base. Questa può essere anche stravolta, ma viene prima condivisa. Il mio è un lavoro collettivo.
Parliamo meglio dello spettacolo che ti ha portato al Torino Festival Danza 2021 : La notte è il mio giorno preferito.
Quella che hai appena pronunciato, il nome dell’0pera con cui mi presento al Festival, è una citazione di Emily Dickinson. La scelta è ricaduta su queste righe perché mi è piaciuta l’idea espressa da questa immagine di alterità con l’altro.
Più di tutto, mi sarebbe piaciuto concentrarmi sul mondo animale: ho studiato le loro abitudini e gli ecosistemi nei quali si trovano. I frutti di queste ricerche mi hanno portata ad avvicinarmi al mondo notturno che amo definire lo spazio della presenza/assenza dell’altro e quindi il luogo dove è possibile l’incontro con qualcosa di sconosciuto.
Uso spesso il termine presenza assentata per descrivere questo concetto e per riferirmi al momento in cui vai a fare tracciamento degli animali in una foresta, attraverso delle pratiche notturne. Immersa in quell’atmosfera, senti la presenza di altre entità che non riesci a vedere, ma con le quali puoi instaurare ugualmente una comunicazione inter-specie: è su questo che ho voluto concentrare il mio lavoro.
Potrebbe suonare come un fallimento già in partenza, perché la base della nostra idea è che non possiamo incarnare altro che non sia il proprio corpo e quindi comunicare solo con i mezzi di cui disponiamo. Attraverso dei tentativi, però, si può cercare di orientare le relazioni tra noi e altre specie.
La notte è dunque il simbolo, il luogo di narrazione, di incontro. Spero che gli spettatori possano percepire tutto questo, nel buio del teatro.
Quando balli, il messaggio personale che vuoi esprimere è sempre lo stesso?
Dipende da che progetto ho. Vorrei in qualche modo costruire uno spazio in cui le altre persone possano addentrarsi e fare un viaggio proprio, donare dei luoghi da poter figurativamente attraversare, anche seguendo la mia esperienza. La realtà è che non ho grandi verità da raccontare, ma ho interessi e una grande voglia di condividere.
Magari tra i nostri lettori, c’è qualcuno con un sogno nel cassetto. Quali consigli daresti a chi vorrebbe diventare ballerin* o coreograf*?
Bisogna studiare molto: l’anatomia e armonia del corpo in primis, perché sono estremamente importanti per essere liberi di potersi esprimere come si vuole. Mi sento invece di consigliare di alimentarsi di ciò che piace ed essere attenti a ciò che ci circonda.
Per concludere questa piacevole intervista, qual è l’ingrediente che non deve mai mancare in una coreografia?
La musica e la ritmica.
Grazie ancora Annamaria!
Bellissima intervista ,domande x niente banali e scontate.Fatte alla ricerca di sensazioni dell’artista e di ciò che vuole comunicare con la sua arte