Racconto a cura di Valentina Calissano
Illustrazione a cura di Eliana Guarino
L’ispirazione
La vicenda di questo Trip nasce dalla musica prodotta da Anne-Lynne Williams, in arte Lotte Kestner. La sua è una voce che ricorda le melodie del canto delle sirene e la sua musica suona come un fondale marino. Per questo stavolta il viaggio si ferma sulla riva del mare, in un piccolo paese di provincia. Può essere collocato ovunque il lettore voglia, perchè la provincia non è un luogo specifico, piuttosto è una connotazione emotiva.
E nella provincia, purtroppo, spesso le tradizioni si fanno bigottismo e le usanze diventano metro di valutazione. O di svalutazione.
La trama racconta una storia difficile. Una storia molto comune, ma che oggi ancora non alza abbastanza la voce.
Questo Trip ha preso forma così: tra le onde. Si è trasformato in due giovani donne, Arianna e Lina. Due ragazze che vogliono sentirsi libere, come libero è il mare. E attraverso il disco Lost Songs la loro storia si fa forza. La forza di attraversare questo mare.
Attraversare questo mare
Le nuvole continuavano a radunarsi, una addossata all’altra, spinte dal vento che le avvolgeva in un freddo e violento abbraccio. Fatte di grigia carica elettrostatica, si ammassavano senza sosta lungo la linea del cielo, sopra a un mare denso di nero e di blu.
In poco tempo, dal basso orizzonte, sarebbero giunte a coprire il celestino pallido della spiaggia, litigando in una corsa a chi arriva primo. Lievitavano e lievitavano, prima morbide e tondeggianti, poi sempre più gonfie, giganti e impenetrabili. Le bandiere sugli alti scogli sventolavano nel piccolo porto del paese: fermo pesca e divieto assoluto di balneazione.
Quando si alza la tempesta: quello è il momento giusto per affrontare il mare. Lina lo sapeva bene, ma sapeva anche che suo padre non avrebbe rischiato l’incolumità della squadra e la sua faccia.
Poteva però contare sulla canna da pesca e sui frangiflutti che costeggiavano il canale. Non avrebbe rinunciato a sfidare le onde quella notte, nel vento gelido del mare di inverno.
Su quelle rocce piatte e ben disposte in linea dritta, avrebbe trovato la compagnia per lei più rassicurante, la cura che preferiva: la solitudine.
Da sola infatti era finalmente lontana dalle domande e dalle imposizioni. Le risa e gli scherni della ciurma non potevano raggiungerla, le voci delle vecchie, bisbigliate sotto i portici, si facevano silenzio nel mulinare della tramontana.
Abbarbicata sull’ultimo scoglio, avvolta nella giaccia troppo larga per la sua statura di ragazza, se ne stava con la canna tra le mani ad attendere con pazienza l’arrivo della prima preda.
E tante ne trovò quella notte: quando giunse l’alba il cestello era bello pieno. Poteva ancora una volta dimostrare di essere un pescatore senza paure, prima di essere una donna.
Il sole riuscì a dare il via a quella giornata. Timido e pallido, provò con tutte le forze ad aprirsi un varco tra i grossi e prepotenti cirrocumuli. La brezza ghiacciata ascoltò i suoi capricci e lasciò ben presto a lui soltanto il palco dell’orizzonte.
Il mare, che nella notte aveva risposto con voce grossa alle rimostranze saettanti del cielo, ora cantava mentre sospingeva le sensuali onde a sfiorare appena le rocce. Il suono schioccante e cavernoso rimbombava tra gli scogli e restituiva una melodia che a Lina ricordava una musica ancestrale, un motivo che doveva aver ascoltato ancora prima di essere nata.
Tornata al nido del porto, si avvicinò all’unica bitta libera, la più distante, e vi legò la spessa corda chiusa a cappio. Il lungo molo era una passerella che Lina percorse con fare schivo, chiusa a guscio nella vittoria della notte. Le maniche troppo lunghe coprivano interamente i guanti di gomma fino a toccare il secchio carico di freschissimo pesce. La giacca fuori taglia le arrivava fino alle ginocchia e il cappuccio orlato di finto pelo le calava fin sotto gli occhi.
Della muraglia di uomini chiassosi con in mano il primo giro di amaro della giornata, lei non vide che le ombre. Non appena sentirono i suoi passi lungo la banchina si zittirono e forse la stavano osservando, dandosi spallate e gomitate.
Ma Lina aveva imparato ad ignorare quei segni. Ormai ci aveva fatto l’abitudine.
Entrata nel locale si rivolse ad una signora, porgendole il secchio pieno di pescato saltellante. Sarebbe stato il pranzo per la tavola calda del giorno e della sera e Mandy ne era felicissima.
Era una donna sulla cinquantina, sempre allegra e cortese. Da ragazzina doveva aver passato molto tempo in barca, perchè la sua pelle era dorata di sole e le sue spalle larghe e robuste erano solo il tratto più evidente di un fisico in carne, sebbene sinuoso. I tatuaggi che le coloravano il profilo dal collo fino alle caviglie le conferivano l’animo indomito e coraggioso di una donna sicura di sè e delle sue capacità. Il bar, che gestiva quasi interamente da sola, ne era la conferma, insieme a una rossa bandana arrotolata tra i ricci neri e folti.
Le indicò un tavolino in fondo alla vetrata, addossato a una parete ricoperta di piante e di reti da pesca dismesse. Il primo violento raggio del mattino illuminava senza remore il volto di una ragazza assonnata, che continuava a socchiudere gli occhi per la luce penetrante.
Ma non appena vide la giovane avvicinarsi scattò in piedi e le gettò le braccia al collo.
«Buongiorno a te, Ari» le rispose Lina. Avevano la stessa età e si conoscevano fin da piccole.
Ogni mattina, chiusa la pesca, si ritrovavano nel bar del porto. E mentre fuori cantavano e fischiavano gli irriducibili al colmo della sbronza, loro due facevano colazione con cappuccino e cornetto.
Lina non poteva nasconderlo: Arianna era la più bella visione del mattino. Portava un caschetto di capelli castani lisci e ben curati, le lentiggini coloravano la sua pelle chiara come la luna e gli occhi verdi ricordavano la fresca macchia mediterranea. Il suo corpo, sottile e longilineo, era appena marcato da abiti colorati e dei preziosi le decoravano delicatamente le mani, il collo e le orecchie.
Fare colazione con la giovane pescatrice era una bellissima abitudine per Arianna. Ammirava la forza che Lina metteva in gioco per non nascondersi. Quella ragazza con la coda di cavallo, gli stivali macchiati di fango e i jeans vecchi strappati non mostrava mai paura, anche se aveva timore delle voci si ergeva in tutta la sua statura per difendersi. E anche se si sentiva debole non aveva mai smesso di fare la pescatrice, nonostante le dicerie. Vederla sfilare sul molo le trasmetteva sicurezza, le donava l’entusiasmo necessario ad affrontare le giornate più dure.
E quella si presentava già come una giornata durissima. Picchio, un pescatore esperto con le reti, ma benpensante di prima categoria, si avvicinò al tavolo: «Eccolo, il nostro maschiaccio. Tornato dalla pesca te la fai con le donnette, eh?». Mollò una pacca sulla spalla ad Arianna, facendola volare contro la finestra. Rideva di gusto.
«Lasciala in pace», rispose Lina, digrignando i denti.
«Uuuuh, che uomo tutto d’un pezzo. Aspetta, ti manca solo una cosa!» e ridendo si mise a ballare scuotendo il bacino a destra e sinistra, con la stessa grazia di uno squalo con l’ernia del disco.
Lina stava giusto per tirargli un gancio, quando Mandy si mise tra di loro e intimò all’uomo di andarsene.
Ma presto fu fuori anche Lina, aveva perso appetito. Pagò il conto e salutò Arianna. Aveva bisogno di stare sola.
Il paese era troppo piccolo e le storie sul suo conto non facevano altro che moltiplicarsi. Si, Arianna le piaceva molto, ormai si era resa conto di provare un sentimento molto profondo per lei. Ma non aveva speranza di essere ricambiata e di certo non voleva peggiorare la situazione, per tutte e due. Se l’amica era etichettata come strega, lei era catalogata ancora peggio. L’avrebbe rovinata. L’unica persona con cui voleva stare era l’unica con la quale non poteva stare.
Solo nel mare trovava vero conforto. Si spinse su di un promontorio a nord, dove il vento non faceva altro che soffiare, sbattendo le onde sulle rocce alte e muschiose. Intanto all’orizzonte tornavano minacciose le grosse nubi.
Le voci. Quelle voci continuano a farsi sentire. La gente parla e quando può parla male. Le stavano addosso quelle parole, le entravano nella pelle come coltelli affilatissimi. Ad uno ad uno si infilzavano nella carne, scavandola fino all’osso, producendo un sibilo. Più di ogni altra cosa quelle voci si facevano concrete.
Basta la parola a creare un’immagine. E più il tempo passa più quell’immagine si materializza: diventà realtà, vera e tangibile.
Lei era sbagliata, diversa, maledetta. Era nata così, era sempre stata un errore irrimediabile.
Lina si ritrovò a piangere, le lacrime le scorrevano senza sosta sulle guance e il suo urlo veniva divorato dal vento. Sentiva la gola farsi fuoco, le corde vocali saltare e staccarsi una dopo l’altra dalla carne e lacerarle i polmoni.
Dall’alto di quella rupe si rese conto che anche crescendo nulla stava cambiando: il suo impegno non era stato ricambiato con la giusta moneta. Sarebbe rimasta nella mente di tutti il “maschio mancato” del paese.
Un passo in avanti, solo uno e avrebbe potuto unirsi al suo mare. Per sempre. Avrebbe trovato la libertà.
Non ne sembrava convinta, ma smise di urlare, chiuse gli occhi e fece un respiro profondo. Il battito era veloce e repentino e nelle narici girava vorticosamente la salsedine, come un balsamo in grado di alleviare le mille ferite.
Mosse il piede, ma il resto del corpo era immobile. Le sue mani intiepidite.
Un abbraccio caldo le pervase la vita, la schiena. Sentì un lieve sussurro alle sue spalle: «Non farlo, non provarci mai più».
Era Arianna. E stava piangendo.
Quando si voltò improvvisamente la tempesta sembrò fermarsi e al suo posto apparve il vento caldo dal sud. Con gli occhi lucidi e appannati si guardarono l’un l’altra.
Lina posò le sue mani sul quel volto lentigginoso e si avvicinò fino a sfiorare le labbra morbide di Arianna.
«Non sei sola». Le disse ancora lei.
Lina era al culmine della sua felicità. Rimasero a lungo sulla cima promontorio, abbracciate.
Avrebbero attraversato insieme quel mare.
CREDITS
LOST SONGS – LOTTE KESTNER
Tracklist
Open Ocean
Slip
Weaving
Everything I Wanted
Colors That Did Not Exist
Becalmed
After Me
You Must Have
At The Cannons
Wordless
Closest
Fade Away
Inside Of Love
produzione e performance di Anna-Lynne Williams
con la partecipazione di Damien Jurado, Kevin Long e Chris Cunningham
Mastering di Levi Seitz per Black Belt Mastering
Distribuito da Saint-Loup Records
BIO
Lotte Kestner, pseudonimo di Anna-Lynne Williams, è stata cantante dei Trespassers Williams e ha cantato con i Chemical Brothers per il disco Push the Button, vincitore di un Grammy Award.
Dopo l’album Off White del 2017, che propone suoi brani originali dai toni onirici, è stata anche scelta da Paolo Sorrentino per reinterpretare il brano Halo di Beyoncé, in una scena chiave della serie HBO The Young Pope.
In Lost Songs, uscito agli inizi di febbraio 2022, si mescolano canzoni composte e registrate negli ultimi dieci anni dalla cantante stessa, in vari studi tra Seattle, Spokane e Redmond.
Tra le tracce originali sono presenti anche due cover: Everything I Wanted di Billie Eilish e Inside of Love di Nada Surf.
In questo nuovo album compaiono diverse collaborazioni: alcune parti strumentali sono di Kevin Long, Chris J. Cunningham dei Ravenna Woods e Damien Jurado, il quale ha composto due canzoni insieme alla Kestner.
Accompagnano la voce strumenti quali pianoforte, chitarra e wurlitzer, che contribuiscono a creare un’atmosfera profonda e intima. In questo lavoro di certo non mancano l’introspezione e un’energia dinamica.
Ho sentito l’odore del mare, il profumo soave e potente della libertà, brava
Ho sentito l’odore del mare, il profumo soave e potente della libertà, brava
Grazie mille Francesca, è bello sapere di essere riuscita a suscitare queste sensazioni profonde.
Questa cosa del connubio canzoni – è narrazione funziona.
Recupero il disco…
Grazie del commento Daniele. Il disco è molto bello, direi suggestivo!