Pittura che trova forma nella musica
È sempre difficile scrivere di musica, in particolare quando la musica è quella di artisti che si amano o che fanno della parola e della penna uno strumento tanto potente da diventare quasi strabordante, forse più delle note stesse. Chi conosce i miei gusti musicali, sa che Carlo Corallo e Murubutu hanno nel mio variegato insieme di dischi e di canzoni messe in ordine sparso, una loro rilevanza (potete leggere qui la mia intervista a Murubutu in occasione di Poietika).
Carlo Corallo e Murubutu sono quelli che un tempo avremmo definito come cantastorie. Chi ha sentito l’album Tenera è la notte o Cant’autorato sa cosa intendo. Non parliamo di canzoni che hanno una storia, ma di storie che trovano una loro nuova forma all’interno dell’ambito musicale. Siciliano Corallo ed emiliano Murubutu, provengono da due angoli diversi di questa grande provincia che è l’Italia, hanno due stili che si potrebbero dire diversi, eppure così complementari. L’avevano dimostrato ne I maestri, pt. 2, sempre una collaborazione. Lo dimostrano con l’ultimo pezzo, che anticipa l’uscita del nuovo atteso album di Carlo Corallo stesso: Storia di Antonio, il cui protagonista tratteggiato con sensibilità e cura dai due artisti è Antonio Ligabue, il pittore e scultore che tanto ha influenzato dell’arte contemporanea e moderna italiana.
Il brano è una grande ricostruzione, che riprende la vita di Ligabue e la tratteggia con la necessaria delicatezza. Si fa riferimento ai suoi drammi, psichici e fisici, ma anche e soprattutto si fa riferimento alla sua arte, ai suoi acquerelli, al suo passare dal pastello alla prima tecnica. Il modo in cui fa sua la natura, la domina e la riscrive. Lui è animale selvaggio, si dice nella canzone, che scappa tra i suoi equali, un pazzo isolato che però ritrova nella connessione con la sua complicità arcaica e atavica con la natura, che ritrova una sua forma solo nel momento in cui l’Arte diviene lo strumento tramite cui riesce a parlare e narrare i suoi demoni, i suoi dolori.
È un’arte che appare, con i suoi colori, con i suoi riferimenti, nella canzone stessa. È un’arte che l’artista siciliano e quello emiliano portano alla luce con cura, scavando nella figura di questo poeta con l’acquarello, che ha saputo trovare – in un mondo che spesso non poteva o non voleva capirlo – il senso d’esistere nei confini del non-umano, di quello che solo i suoi occhi riuscivano a guardare, a vedere, a trovare.
La figura di Ligabue è una figura molto particolare, liminare nell’arte italiana. Un incolto, infelice, sospettoso, che ha raggiunto un fine nell’arte, che la canzone non determina, lasciando al commento finale critico, udibile negli ultimi secondi come coda della canzona, il dubbio su quale fosse il fine, su quale fine alla fine Antonio Ligabue abbia davvero raggiunto.
Per i fan dei due cantautori, chiaramente Storia d’Antonio si innesta in una grande serie di brani dedicati a scrittori, pittori, anonimi combattenti ed amatori. È una storia, in questo caso di un pittore che in fondo un po’ tutti conosciamo. Una ricostruzione accurata, con la giusta poesia, ma che ben mette in risalto il dolore di una vita passata incompreso, da persona al limite, chiuso tra le proprie incertezze e le proprie follie.
È certamente un felice anticipo del resto dell’album di Carlo Corallo. Se le premesse sono quelle di questo brano di poco più di tre minuti, non si prospetta altro che un EP degno di essere riascoltato, ancora ed ancora.