Recensione di Claudio Delicato
Sassi, l’ultimo lavoro in studio di Maria Antonietta (al secolo Letizia Cesaretti) è il miglior passo avanti che la cantautrice di Pesaro potesse fare: a partire dall’esordio Marie Antoinette wants to suck your young blood e passando per l’album eponimo del 2012 ho avuto la netta impressione di un percorso artistico in continua evoluzione.
‘Sta ragazza ha una voce bellissima avvalorata da un timbro fuori dal comune, di quelli che a X-Factor prenderebbero quattro “per me è sì” con tanti saluti a Giusy Ferreri. E con questo LP dimostra di aver imparato a usarla al meglio, senza lasciarsi andare a gorgheggi di troppo: nel disco prodotto da Brunori facevo fatica a capire metà delle parole, in Sassi la potenza vocale di Maria Antonietta esce al meglio permettendo di valorizzare testi originali e ben scritti, che a tratti carezzano e a tratti graffiano come gatti randagi con la rabbia.
Piaccia o non piaccia, quello che ci ostiniamo a chiamare “panorama musicale indipendente” – qualsiasi cosa voglia dire – ha bisogno di personaggi come Maria Antonietta. La figura della cantautrice è troppo spesso relegata ad attempate MILF che timbrano il cartellino a Sanremo con pezzi scritti da Alberto Radius. “Qui da noi”, invece, sono poche le donne che riescono a emergere proponendo pezzi energici, viscerali e caustici, che portino la donna a un livello un minimo più alto di “come sarebbe bello potersi dire che noi ci amiamo tanto, ma tanto da morire, e che qualunque cosa accada noi ci vediamo a casa.” Per farla breve: ci sono troppe Dolcenera, troppe Maria Nazionale (già una è troppo, in fondo) e poche Cristina Donà, o wannabe-tali.
La differenza più significativa fra questo e i precedenti lavori di Letizia Cesarini – che non mi avevano fatto impazzire – è nella produzione e negli arrangiamenti: in questo senso hanno giocato un ruolo fondamentale La Tempesta Dischi e i contributi di Marco e Giovanni Imparato, dei Dadamatto il primo e dei Chewingum il secondo. Sassi suona elaborato e maturo, specie nei momenti più aggressivi: i suoni sono spesso sporchi e audaci (Ossa, singolone e pezzo forte del disco), le chitarre più presenti (Ombra, il gran finale di Abbracci) e alcune scelte di missaggio si rivelano particolarmente coraggiose (il curioso mix pop/hip-hop di Giardino comunale).
A partire da Decido per sempre i toni si fanno meno ruvidi e più intimi; io preferisco Maria Antonietta nella sua versione più cafona, ma l’ultima traccia Molto presto è degna di nota.
Uno dei drammi principali che affliggono i cantautori “alternativi” – qualsiasi cosa eccetera – è che spesso faticano a evolversi, a volte perché quello per cui sono diventati conosciuti è l’unico modo di scrivere che conoscono (cfr. Brondi), un po’ perché una volta che ci si è creati una nicchia di fan ci vuole un certo fegato ad azzardare qualcosa di diverso (cfr. quasi tutti gli altri), un po’ pecché ndrínghete ndrà (cfr. ‘mmiez’ô mare nu scoglio nce sta). L’immobilismo è quanto di peggio tu possa offrire se sei un artista ventenne presumibilmente ancora pieno di energie e di idee. Con Sassi Maria Antonietta rifiuta questa logica e presenta al pubblico un prodotto di caratura migliore dei precedenti, che nel mio caso specifico raggiunge il più importante degli obiettivi: convincere chi non era riuscita a convincere prima.
SASSI – MARIA ANTONIETTA
(La Tempesta Dischi, 2014)
- Galassie
- Abbracci
- Tra me e tutte le cose
- Giardino comunale
- Ossa
- Ombra
- Decido per sempre
- Animali
- Diavolo
- Molto presto
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