Recensione di David Colangeli
Iniziando ad ascoltare il disco di Cesare Malfatti si viene assassinati già dalla prima traccia da una fumosa atmosfera elegante e sensuale. Distaccatosi totalmente – com’è giusto per un autore di questo calibro – dalle atmosfere elettroniche e vagamente elettriche a cui ci aveva abituato, Cesare ci accompagna in una pista da ballo dove tango, jazz e musica d’autore sudano e fanno sudare avventori di un ipotetico localino sperduto di periferia. Mi piace pensare agli album come una storia, immaginare scenari e personaggi, e questo è forse uno dei più strani musical che abbia mai visto.
Nato dalla felice coincidenza e incontro tra l’autore e Antonio Zambrini (pianoforte) e Luca Leziero (autore), questo disco tratta della materia del corpo e dell’amore. Una sensualità che spesso fa rima con ricordo e solitudine, contrabbasso e orchestrazioni sentite e precise. Il risultato è un cocktail quasi inconcepibile di complessità (o meglio, competenza musicale nell’arrangiamento) e liriche per nulla banali, ma allo stesso tempo addolcite da una linea di orecchiabilità.
Veniamo subito accoltellati a tradimento da Tu sei qui, un lascivo tango da ballare esclusivamente con il proprio amore mai corrisposto. La scena è quasi scarna, lui e lei danzano l’eterna lotta tra un sì ed un forse. Veniamo scaraventati subito dopo in un’atmosfera più movimentata e quasi ossessiva con zaffate soffuse di archi da Per noi. Immaginiamoci questo personaggio che, in un fantastico musical inquietante, quasi obbliga il destinatario della canzone d’amore sui generis… a essere felice.
Una mia distrazione, quasi una title-track, è la zoppicante ballad noir di ispirazione poliziottesca (ma lo straniamento è che non c’è nemmeno un hammond né una chitarra elettrica) che segue questa “minaccia d’amore”. Poi, come quasi una speranza viene Vivere. Nell’infinito gioco di specchi di questo amore (e di questo disco dove ogni accompagnamento musicale, invece di rispecchiare il tema della canzone, ne fa da contraltare) l’andamento dolce e di apertura lascia l’ascoltatore fluttuare nella presa di coscienza di essere solo e soprattutto in pace con se stesso.
Dopo essersi trovati bene dentro se stessi è arrivato il momento di guardarsi di nuovo intorno: Apro gli occhi è un’amara conseguenza di tale presa di coscienza, o un post-sbronza di liquore nel jazz bar che ospita questa pantomima di un amore. Dormire solo per non soffrire e magari per amarsi in sogno. Cosa resta da fare? Cantare: un altro fumoso swing notturno. Oppure Andare via: se non puoi essere felice, fai i bagagli e vai. Anche qui, inciampi di pianoforti che denotano una finta fretta di mettere in ordine i pezzi della propria vita.
Ma come nelle migliori tradizioni romantiche, forse per caso o forse forzando il caso, la/lo incontri per l’ultima volta per dire finalmente addio e rivelare la grande conquista che hai ottenuto: Siamo soli insieme. Una samba ricca di passioni contrastanti, di bugie e convincimenti: sbagliare ogni giorno un po’ per volta insieme. E mentre Piove. Ma non voglio tediarvi con il resto delle scene, val la pena che ve le viviate voi ascoltatori in prima persona. Sappiate solo che non finisce. Come è giusto che sia.
Una mia distrazione +2 è un disco talmente raro che persino il suo contenitore, artigianale e variabile, è un pezzo da tenere non solo nella collezione… ma anche da vivere ogni volta che un amore sembra non decollare.
UNA MIA DISTRAZIONE +2 – CESARE MALFATTI
(Adesiva Discografica, 2014)
- Se tu sei qui
- Per noi
- Una mia distrazione
- Vivere
- Apro gli occhi
- Cantare
- Andare via
- Siamo soli insieme
- Piove
- Marzo
- Una casa che
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