Recensione di Giovanni Sabatini
Chi conosce i Current Swell? Siate sinceri. Io per esempio non li conoscevo affatto. Potete immaginare la sorpresa quando ho letto che il loro quinto album, Ulysses (uscito il 27 maggio), è stato realizzato sotto l’occhio e soprattutto l’orecchio di un personaggio del calibro di Nathan Sabatino, produttore di Dr. Dog e Giant Sand. Un buonissimo motivo, dunque, per accingersi all’ascolto di questa band canadese.
Il loro primo album So I say risale al 2005. Dopo nove anni il quintetto registra in venti giorni un’opera da un titolo importante che dopo poche tracce si rivela per quello che è: un diario di esperienze musicali scritto a quattro mani. Infatti, a differenza dei lavori precedenti, le due voci – provenienti da side projects differenti – si riuniscono per mettere insieme le loro influenze, i loro ascolti, facendo un sunto degli ultimi tre anni, che è il tempo trascorso dall’uscita dell’ultimo Long time ago.
Di Ulysses c’è veramente tanto citazionismo. Ogni brano è un richiamo ad altro, al punto che ognuno potrebbe essere estrapolato dal contesto e inserito in tracklist di dischi più noti senza facce segnate dal dubbio e nasi storti. Quello che presentano i canadesi è un’interessante unione di generi che va dall’indie, folk, rock, blues, fino ad arrivare al reagge e al surf-rock. Ulysses vi mescolerà la testa come fosse un enorme calderone riportando a galla passioni svanite che poi avrete voglia di riprendere, spolverare e ascoltare. Come l’eroe errante viaggerete tra varie sonorità per poi fare ritorno a casa stanchi, più grandi e più saggi.
La prima traccia dà il nome all’album. Qui i The Decemberist di The king is dead entrano con forza, a braccetto con i brani meno artificiosi degli americani Fleet foxes. Tre minuti e si cambia subito pagina: fortissima è l’influenza dell’indie rock dalle venature blues dei The Black Keys. Chitarre distorte, cori, ritmi ballabili ti spingono come sotto ipnosi a muoverti, battere piedi e mani a tempo, ammesso che tu ne sia in grado. Altrimenti puoi farlo sbattendotene di tempo e spazio, emulando una danza della pioggia di un anziano Cherokee. È questo il mood della seconda e terza traccia, rispettivamente Keys to the kingdom e Rollin’. Poi è la volta di One day I’ll be rich (dai richiami reggae, in particolar modo nei cori), Bad news, Who’s with us e Gunshots.
I piedi si scaldano, aprendo gli occhi ti trovi di fronte l’oceano, il calore del sole abbraccia dolcemente il corpo. Prendono il sopravvento chitarre acustiche in soluzioni che ricordano artisti come Ben Harper, Jack Johnson e, nella più malinconica Who’s with us, il genio di Ben Howard. È questo, nonostante la varietà dei brani e la relativa impossibilità di metterli sullo stesso piano, il pezzo più degno di nota. Colpisce il riff di basso, semplice ma immediato, che riesce a far evolvere il brano portandolo a un’esplosione post/math-rock segnata leggermente dalla chitarra ridondante, prima pulita poi sempre più distorta. Il finale così ideato riapre in modo intelligente verso sonorità più spinte su cui il più temerario potrebbe fare una sorta di “soft headbanging”. Il tutto si chiude poi con Flesh and bone, un riportare dunque i piedi a terra, ricordando che siamo fatti di carne e ossa pure noi, in una ballata folk che riprende l’apertura di questo magistrale lavoro.
Non deve spaventare l’altalenarsi di generi, influenze e sentimenti sopra citati. Durante l’ascolto non saremo mai travolti da pensieri contrastanti, ci lasceremo accompagnare, cullare e divertire da una band che sa decisamente quello che fa. Ulysses è un disco che va vissuto. Niente di più.
ULYSSES – CURRENT SWELL
(Nettwerk Music Group/Self, 2014)
- Ulysses
- Keys to the Kingdom
- Rollin’
- One day I’ll be rich
- Bad news
- Who’s with us
- Gunshots
- Man of the maps
- Sideways
- Desire
- We will run
- Flesh and bone
[youtube=http://youtu.be/Z9uva8FRwvs]
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