Live report di Claudio Delicato, foto di Andrea Veroni per Sottopalco
Chi mi conosce almeno un po’ sa quanto amo i superlativi assoluti, quindi ne sparo subito uno (e bello grosso): a mio parere i CSI sono il più grande gruppo italiano di sempre. Nessuno prima e dopo di loro ha elaborato una proposta altrettanto valida dal punto di vista di musica, sound, missaggi, arrangiamenti, atmosfere e testi; per questo li considero lo stadio migliore del camaleontico processo evolutivo delle formazioni messe su da Giovanni Lindo Ferretti e dintorni (sì, meglio dei CCCP Fedeli alla Linea). Potete quindi immaginare la mia emozione il 17 luglio scorso appena varcato l’ingresso della Città dell’Altra Economia, che ospita l’Eutropia Festival 2014, una rassegna che offre una line up di grande qualità a prezzi più che ragionevoli (ogni riferimento a Rock in Roma è da ritenersi quasi del tutto casuale).
Ok, Ferretti non c’è (e neanche Ginevra di Marco). Ma per quanto il profeta di Cerreto Alpi sia un pezzo importante del gruppo emiliano, la loro musica va oltre. Perché nel momento in cui i CSI attaccano A tratti e nel giro di pochi minuti ti sfoderano anche Forma e sostanza e In viaggio, anche il più cocciuto degli astanti capisce una cosa molto semplice: a sessant’anni suonati Massimo Zamboni, Giorgio Canali, Gianni Maroccolo & C. suonano di gran lunga meglio rispetto alla stragrande maggioranza dei gruppi under 30 che popolano il circuito underground contemporaneo. E con “suonano” non intendo la mera esecuzione tecnica, ma la globalità di una musica avvolgente, capace di stregare il pubblico.
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DITEMI IL PERCHÉ DELLO SCALINO DAVANTI AL PALCO DI EUTROPIA
Fine della breve pausa pubblicitaria
Il basso di Maroccolo ha un suono che toccherebbe far sentire ai maestri del mastering nu-metal dei primi anni 2000 e dirgli “tie’, pija ‘sti spicci,” le chitarre di Canali e Zamboni hanno l’inconfondibile effetto stile “BUTTA L’AMPLIFICATORE IN PISCINA, TIRALO FUORI, SFONDACI ADDOSSO LA CHITARRA E POI SUONA,” mantecate dalle leggiadre tastiere di Francesco Magnelli. C’è poi la piacevole sorpresa della nuova vocalist Angela Baraldi, che permette ai CSI di raggiungere un compromesso ideale: il suo cantato non si discosta infatti troppo da quello originale, né per timbro vocale né per interpretazione dei brani – cosa importante, perché alla fine la gente vuole cantare – ma allo stesso tempo gode di una personalità propria, specie nei passaggi “massicci”, quando risulta più rock rispetto a quello di GLF. Sul palco, poi, Angela è presente, minimale ma efficace; praticamente un Giovanni Lindo Ferretti con un anno di zumba alle spalle, per intenderci.
Una nota di merito va anche al pubblico: quello dei CSI all’Eutropia Festival è infatti uno dei concerti con il minor numero di cellulari al cielo che abbia visto nell’ultimo anno. È bella la sensazione di condividere questa occasionale reunion con un nutrito gruppo di appassionati di età variabile: i più giovani si fomentano e si lanciano in un pogo relativamente violento sui pezzi più carichi (Mimporta ‘nasega, Emilia paranoica), io piango l’assenza di Matrilineare ma mi meraviglio davanti alla poetica musicalità di Depressione caspica, Unità di produzione, Annarella, Cupe vampe e Del mondo (queste ultime tre cantate da un Zamboni in forma smagliante).
Nostalgia a parte, l’impressione è di trovarsi di fronte a un pezzo di storia della musica italiana. Un pezzo molto importante, perché i CSI sono l’unico gruppo che oggi definiremmo “indie” a essere meritatamente entrato a gamba tesa in cima alle chart italiane, con il capolavoro Tabula Rasa Elettrificata nel 1997. Anzi: Canali, Maroccolo e compagni sono l’unica band che oggi definiremmo “indie” ad aver effettivamente influenzato la cosiddetta musica “mainstream”, e gruppi così validi sotto tutti i punti di vista, prima e dopo di loro, si contano a stento sulla dita di una mano. Fa quasi tenerezza Canali che invita più volte il pubblico ad acquistare le magliette al banco accanto al palco dopo il concerto (“aiutateci a sopravvivere, cazzo”), perché persone che hanno dato il loro contributo alla musica italiana dovrebbero nuotare nell’oro stile Paperon de’ Paperoni.
E allora aiutiamoli, ‘sti CSI. È un dovere, altrimenti teniamoci Lo Stato Sociale. È un dovere per chi ama la musica di qualità, e lo è soprattutto per chi non vuole che il mondo della musica passi da essere il mondo di chi ha scelto una passione a scapito del lavoro a quello di chi ha scelto una passione perché non ha bisogno di lavorare.
Claudio Delicato è anche su ciclofrenia.it™ (Facebook/Twitter)
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