Recensione di Clara Todaro
Il suo timbro scuro potrebbe evocare vagamente quello di Nada da giovane, ma col nuovo album La parte migliore, e già dalla risata di sottofondo in Fire , Sabrina Napoleone si presenta come sé stessa: un cuore spezzato dal disincanto per le brutture del mondo e le distorsioni della verità.
Dieci pezzi belli tosti in cui si legge, dopo tanto tempo repressa nelle parole implose o volate al vento, quella rabbia che riporta quasi alla furia iconoclasta del punk anni ’70 e, soprattutto, all’aggressività degli esordi della Sacerdotessa del rock. In passato infatti la cantante ha tenuto anche concerti tributo a Patti Smith e ha partecipato a concorsi ed eventi che ruotano attorno al mondo del cantautorato femminile (Just like a woman. Premio Janis Joplin, Un mare di donne e Quello che le donne ci dicono).
Il rancore sembra infiammarsi qui nella denuncia di una società allo sfacelo tanto nella dimensione privata e intima quanto in quella pubblica e mondiale.
La riflessione ad ampio spettro è orientata verso la distruzione dei dogmi e la ricerca continua della verità, e trovo abbia un sapore dal retrogusto molto ligure. Un po’ come a dire che se sei nata e cresciuta negli stessi luoghi dei cantautori della scuola genovese, non puoi non farci i conti. Tutto questo però è musicato in modo nuovo, sperimentando distorsioni e sintetizzatori degni talvolta di una definizione elettronica(si veda L’indovino islandese). Peccato solo quando gli arrangiamenti finiscono per invadere troppo il cantato dei ritornelli e per coprire messaggi a quel punto incomprensibili. La Napoleone sembra dire: se proprio vi va, mi dovete riascoltare!
Un album dai contenuti forti e impegnati, denso di citazioni filosofiche, dal socratico so di non sapere al paradosso zenoniano di un Achille sdentato in Epoché, e immagini letterarie come la pelliccia della Venere di Sacher-Masoch o la mitologica Medusa dallo sguardo pietrificante…
Insomnia gioca tra il ritmo da nenia infantile (“fate la nanna coscine di pollo/ che Madre Chiesa vi ha fatto il mantello/ e ve l’ha fatto col senso di colpa”) e l’attacco rock del ritornello (“la finanza e la mafia non dormono mai/ come fate a dormire con questo rumore”).
È primavera rappresenta un forte atto di accusa contro la politica e i suoi “faraoni” (“Mubarak non ha nipoti minorenni/ alle gare di burlesque di Berlusconi”) e contro i giochi di potere per “l’oro nero”. Ma, quasi fosse il grido di richiamo del muezzin, la Napoleone ricorda (seppur fallite) le rivolte delle primavere arabe in un paesaggio sonoro tipicamente orientale.
La title track è stata inserita volutamente più o meno a metà a fare da cerniera. Con buona probabilità la parte migliore di sé che la Napoleone ci consegna sono proprio i suoi testi. Non li afferri al primo ascolto, ma al secondo, se non al terzo… quello autentico, scevro da pregiudizi come questo album che non poteva che concludersi nell’afasia scettica della sospensione di giudizio… Sì, il mondo è all’epoché, ma con buona pace di alcuni, Sabrina Napoleone ci insegna a lasciare agli altri la parte migliore di qualcosa.
Da preferire: Fire, Dorothy, È primavera, Insomnia, Epochè.
LA PARTE MIGLIORE – SABRINA NAPOLEONE
(Orange Home Records, 2014)
- Fire
- L’indovinello islandese
- Prima dell’alba
- La parte migliore
- Dorothy
- È primavera
- Insomnia
- Medusa
- Pugno di mosche
- Epochè