Live report di Antonio Asquino
Nella stramaledettissima afa del luglio romano, tra le cose peggiori che possono capitare è suonare o assistere ad un concerto al chiuso, con quaranta gradi, in un locale stracolmo di gente, ma vista la caratura del gruppo sul palco, sudori e afrori passano in secondo piano (anche se il mio apparato nasale non sarebbe totalmente d’accordo con quest’ultima affermazione), uno dei più capaci tra i gruppi italiani stasera è sul palco e tanto basta.
Apre il live Tommaso Di Giulio, classico cantautore romano malato di “rinogaetanismo”, impostazione chitarra e voce in stile scampagnata, classica ironia con osservazioni dal particolare all’universale, ostentata semplicità e canzoncine stracolme di schitarrate assortite, niente di nuovo e niente di che.
Il tempo di uscire a fumare che le note di Crapa Pelada mi richiamano all’interno annunciando l’arrivo del quintetto, accolto da una esultanza da stadio che rende ottimamente l’idea del feeling che il gruppo ha saputo instaurare col suo pubblico in dieci anni di palco e cinque dischi di qualità musicale e testuale sempre alta.
Dei primi quattro brani suonati tre sono dell’ultimo disco e una menzione speciale va a Dispari a mio parere il brano migliore tra i due portati al Festival di Sanremo, il quinto brano è Muscoli e Dei e già da questo si avverte la sapienza del gruppo anche nell’approntare la scaletta che passa con agilità e sostanza tra brani nuovi e vecchi senza accusare cadute di qualità, stile e risposta del pubblico, che partecipa cantando, in pratica, ogni parola di ogni singolo brano.
Il cantante Giovanni Gulino regge benissimo il palco, con talento vocale estroso e simpatia, Carmelo Pipitone alla chitarra è la solita macchina da guerra, preciso, energico e di pregevole impatto sonoro, Paolo Pischedda (protagonista di un simpatico intermezzo col pubblico che lo acclama a gran voce) alle tastiere arricchisce il suono con maestria, Ivan Paolini alla batteria non perde un colpo anzi incalza e dirige la ritmica con parti mai banali e sempre fantasiose e, last but not least, Mattia Boschi al violoncello e al basso, sempre stiloso e intenso anche nei momenti più emozionali, ricama ottimamente note e armonie sull’impronta esplosiva del gruppo.
In rassegna passano signore canzoni come: Vecchi difetti, La Spesa, 31 Lune, L’unica Cosa, tra un Gulino in grande forma e intermezzi improvvisati dedicati ai Nirvana con accenni scherzosi da parte di Pipitone di Smells Like Teen Spirit e Come As You Are.
Ci sono anche momenti seri con sacrosanti insulti ai leghisti (non saranno mai abbastanza) in risposta ad una dichiarazione sul ministro Kyenge di un minorato mentale esponente della Lega. Per il bis riservano un giustissimo tributo a Lucio Dalla, suonando una versione di ottima fattura di Disperato Erotico Stomp. I Marta Sui Tubi sono animali da palco e da studio, sono un gruppo capace di dare e ricevere energie come pochi e restano un punto fermo della musica italiana di qualità, questa data romana ne è l’ennesima prova (casomai ne servissero ancora).