Live report di Lucia Diomede
BARSENTO MEDIASCAPE: TERRITORY THROUGH ART AND TECHNOLOGY
Catturare e comunicare onde sonore con strumenti digitali per svelare la tipicità di una terra. Scoprirne suoni e rumori distintivi, come quelli delle rocce, dell’acqua e della terra. Il loro utilizzo, la loro trasformazione, l’organizzazione in forme e strutture adatte a custodire la vita umana come le grotte carsiche e i trulli. I suoni e i rumori delle attività produttive che partono dai prodotti della terra e dagli animali che ci vivono. E la tecnologia a servizio del territorio, amplificatrice e moltiplicatrice di possibilità di comunicazione, creazione e intersezione di esperienze. Il territorio stesso diventa medium, mezzo di comunicazione di se stesso e luogo di incontro di idee e dei portatori sani di idee: artisti, artigiani, operatori culturali e lavoratori. Sensibilità artistica, ricerca antropologica e sociologica, promozione del territorio, produzione culturale ed economica. Tutto questo al Sud, per chi sceglie o gli capita di rimanervi, a tessere network in un’ottica glocal, in periferia, dove di tanto in tanto, quasi miracolosamente, si sviluppano oasi di novità. L’effetto è straniante, tale per cui l’occhio indigeno riscopre quel che ha intorno liberandosi del velo della routine.
Questo e tanto altro è stato il progetto Barsento Mediascape: Territory through art and technology, un insieme di iniziative dal 17 al 22 giugno scorso, che comprendevano una residenza per artisti, una conferenza talk di presentazione dell’iniziativa, la Barsento Night (ovvero la serata di presentazione delle opere acustiche prodotte dagli artisti) e una coda a settembre con la produzione di un filmato, clip e materiali fotografici dell’intera iniziativa. Il Barsento Mediascape è stato promosso dal GAL Terra dei Trulli e di Barsento, realizzato con fondi europei, nazionali e locali, con la direzione artistica di Leandro Pisano di Interferenze New Arts Festival, con il supporto di Bitzmob e Neural.
Photo credits: Marco Vergara
La Terra dei Trulli e di Barsento è una fetta di territorio pugliese prezioso e generoso, un ridente ritaglio geografico di cui fanno parte i comuni di Alberobello, Castellana Grotte, Gioia del Colle, Noci, Putignano, Sammichele di Bari e Turi, consorziatisi in un Gruppo di Azione Locale per rafforzare le sinergie di promozione del territorio. E dunque il supporto al Barsento Mediascape, per far conoscere il territorio e promuoverlo con la sensibilità artistica e la sperimentazione estetica di Taylor Deupree, AGF, @C ed Enrico Ascoli.
Il Barsento Mediascape non è la prima esperienza del genere sviluppata da Leandro Pisano. Infatti, nel talk tenutosi sabato 22 giugno, Pisano ha parlato di Interferenze, il festival che da dieci anni organizza in Irpinia (insieme con Neural, rivista che si occupa da un ventennio di arte digitale) con un’impostazione simile, nato come evento di musica elettronica. Come Interferenze, anche la residenza del Barsento Mediascape si rapporta al territorio, diventa una riflessione sul fatto che quest’ultimo può essere interpretato non come prodotto, ma come medium, che, con le sue specificità mette in contatto le persone per sperimentare relazioni e connessioni multiculturali sorprendenti. La forma della residenza, secondo Pisano offre un maggiore approfondimento delle connessioni e delle collaborazioni rispetto a quella di durata più limitata del festival, consentendo di estendere l’analisi ad altri campi d’indagine. Dalle trasformazioni che avvengono nel tessuto rurale e dall’ormai consolidata riflessione sul rapporto tra territorio urbano e rurale si arriva ai risvolti connaturati alla rivoluzione di concetti geografici come centro e periferia che i nuovi mezzi digitali stanno operando, e alla crisi degli organismi istituzionali, come lo stato nazione, e all’emergere di altri elementi culturalmente egemonici come le etnie. Anche i territori periferici, nello scenario post digitale, ovvero con una visione critica delle tecnologie, sembra che possano cogliere la loro occasione: i territori abbandonati, quelli in cui sono state dismesse le attività produttive, le aree a margine si offrono in modo privilegiato all’esplorazione attraverso il suono, perché consentono, anzi richiedono, di superare il paradigma oculocentrico, visualistico, per ribaltarlo, per scoprire i lati nascosti che la vista non riesce a carpire.
Photo credits: Mauro D’Aprile
Nell’ottica dello scambio delle migliori pratiche, l’artista AGF non ha soltanto partecipato alla residenza e prodotto la sua sperimentazione artistica, ma durante il talk ha raccontato il caso virtuoso di cui è stata protagonista nel posto in cui ha scelto di vivere, Hailuoto, un’isola nel golfo di Bothniama, nel Mar Baltico, in Finlandia. L’isola ha poco più di mille abitanti e si pone la questione di attuare politiche che promuovano la permanenza attiva degli abitanti, evitando che si trovino nelle condizioni di dover andare via a cercare lavoro. Sull’esempio dell’esperienza di Pisani con Interferenze, AGF ha messo su progetti di sound art sull’isola, dando vita a residenze di arte contemporanea che prevedevano l’incontro tra artisti locali e internazionali. Poiché nell’isola non succedeva molto altro, le sue iniziative sono state accolte bene dalle persone e dalle autorità locali, e le è stato stanziato un fondo di 250 mila euro (che sembra davvero stratosferico dalle nostre parti) per le residenze e la riqualificazione di alcune strutture dismesse da trasformare in ambienti adatti alla produzione acustica. Ha cominciato a lavorare anche con l’unica scuola dell’isola ad un progetto di educazione creativa, per produrre musica con l’iPad, per il quale, insieme con gli alunni, ha creato un’applicazione che consente di comporre e suonare musica, e ha anche dato vita a un’orchestra che utilizza questo strumento. Ha fondato un coro il cui lavoro con la voce è partito dalla riproduzione di suoni provenienti dalla natura. Infine, ha invitato anche curatori internazionali per l’organizzazione di cicli di eventi. Nel suo e in altri casi, l’agire lontano da grandi città, il riqualificare il territorio e l’interscambio tra artisti e territorio hanno riscosso molta attenzione sia da parte della popolazione che da parte delle autorità locali.
Interessante anche la riflessione di Aurelio Cianciotta di Bitzmob e Neural sull’importanza di mettere in rapporto i territori rurali e le culture resistenti locali – resistenti perché caratterizzate da velocità e dinamiche differenti – con gli strati più evoluti della comunicazione, che riescono a farle entrare in un circuito globale. Ci sono studi che mostrano come posti molti distanti tra loro tendano a rassomigliarsi a causa di una serie di dinamiche della globalizzazione, per cui le peculiarità vanno valorizzate in modo che prendano coscienza di sé. Il nuovo spazio, frutto della fusione di spazio fisico e spazio digitale, come hanno dimostrato le varie propaggini di primavera araba, è uno spazio pieno di occasioni, un territorio ibrido, abitato da persone che non rinunciano né allo stare sul territorio, né nelle reti, costituendo un elemento di novità nel dibattito di studio. Secondo Cianciotta, negli artisti del Barsento Mediascape c’è la presa di coscienza dell’esistenza di questo spazio ibrido e il tentativo di provare a capire cosa vi succede dentro, soprattutto nel suo immaginario artistico, dando per scontato che non c’è più alternatività tra spazio virtuale e spazio reale, ma che la realtà è quella che si crea quando si dà vita a delle interazioni sociali, in qualunque modo esse avvengano.
BARSENTO NIGHT – 22/6/2013
La Barsento Night è stata ricca di sorprese con la presentazione al pubblico, nel Teatro Rossini di Gioia del Colle, il 22 giugno, delle ricerche degli artisti che hanno partecipato alla residenza del Barsento Mediascape dal 17 al 22 giugno. Ciascuno di loro ha avuto a disposizione dai trenta ai quaranta minuti circa, scegliendo le modalità espressive che riteneva più consone alla ricerca effettuata nei giorni della residenza.
Photo credits: Lucia Aprile
Ha inaugurato la serie delle esibizioni Enrico Ascoli, artista multiforme a cavallo tra sound art, live performance, promozione pubblicitaria, teatro e ricerca cognitiva. Nei giorni di residenza ha “suonato” i Trulli, nel senso che è riuscito a ricavare diverse altezze e sfumature di suoni dai tasselli di pietra che ne compongono le famose coperture coniche, quasi fossero tasti di pianoforte. E i video disponibili in rete sull’esperienza sono sorprendenti. Durante la Barsento Night, Ascoli ha “suonato” antichi attrezzi custoditi nel Museo della civiltà contadina di Sammichele di Bari; oggetti che un tempo erano protagonisti e responsabili della quotidianità delle persone: Ascoli dal palco li ha elencati: ‘u diavolott, ovvero l’attrezzo che serviva a separare la pula dal grano; ‘u furcidd, il forcone; ‘u serracchie, la sega; ‘a macchin de cose, la macchina per cucire; ‘a chiangarazz, la tavola di legno per lavare e strofinare le robe; ‘a cardator, la cardatrice; ‘u scannett du mul, un finimento della bardatura del mulo; ‘a spazzol pi capidd, la spazzola dei capelli; ‘u recigghion, la roncola; ‘a mol di scarp, la mola del calzolaio; ‘u firr, il ferro del cavallo o del mulo. Quasi che Ascoli abbia colto l’ansia di questi oggetti di rivelare la loro voce, essi, attraverso un attento sistema di microfonatura e bilanciamento, lo hanno ripagato con suoni dalle insospettate qualità ipnotiche, sussurri spaziotemporali capaci di fondere antico e moderno, di parlare, di dire, di comunicare le qualità di risonanza della materia.
L’esibizione successiva è stata degli @C (i portoghesi Miguel Carvalhais e Pedro Tudela): designer, artisti visivi, musicisti e co-fondatori della media label Crónica Electronica. Nei giorni di residenza hanno perlustrato il territorio del Barsento con la loro strumentazione alla ricerca di suoni nascosti e generati da elementi caratterizzanti del paesaggio. Ne hanno fatto una scrupolosa campionatura sulla quale hanno, poi, “lavorato” digitalmente. Il risultato, anche qui, è stato fortemente straniante: l’iniziale riconoscibilità del suono delle pietre spaccate, rotte, martellate (tipico della tradizione edilizia dei trulli) si è diluita, man mano che anche tutte le luci si sono gradualmente abbassate; quel rumore si è mutato in suono di passi, in battito della terra, in pulsazione di cuore, in rintocchi di campane, fremiti di fuoco, fruscii d’erba al vento, in corsa e corsi d’acqua, in tuffi di sassi nella corrente, in chiacchiericcio di cicale, in accenni di cinguettii. Quasi un dj set di pietre, aria, acqua, erba, vento, il cui ritmo, il cui forte battito faceva vibrare i corpi degli ascoltatori.
La performance di AGF (ovvero Antye Greie, nata in Germania dell’Est e residente in Finlandia), produttrice digitale, cantautrice, performer, poeta e calligrafa, ha affiancato alle sollecitazioni acustiche anche quelle visive, con la proiezione di elaborazioni digitali di scatti fotografici effettuati durante l’esplorazione del territorio: il giallo-arancio delle grotte carsiche, il grigio e il bianco dei muretti a secco. L’elaborazione digitale live dei suoni campionati nel Barsento si è alternata a quella della sua voce, con frasi sia di sua composizione che di Ricciotto Canudo, intellettuale originario di Gioia del Colle, attivo nei primi anni del Novecento a Parigi, di importanza straordinaria nell’allora nascente estetica cinematografica. AGF ha prodotto anche una calligrafia su una pelle da tamburo, che le è stata regalata da un artigiano locale, con la frase di Canudo: “music is the religion of the future”.
Ha concluso le esibizioni la poetica performance live Taylor Deupree, musicista elettronico americano, sound artist, graphic designer e fotografo, collaboratore e coautore, tra gli altri, di Ryuichi Sakamoto e David Sylvian e fondatore dell’etichetta 12k Records. Deupree ha proposto al pubblico contemporaneamente stimoli visivi e sonori. Ha proiettato un video ricavato da scatti digitali da lui stesso effettuati su tre linee conduttrici di colori, ovvero il giallo dell’erba secca, il verde tenue delle foglie d’ulivo e il grigio chiaro della pietra calcarea, inframmezzati dal rosso-papavero e dal celeste-cielo, nell’atmosfera dello sfolgorio abbagliante della luce pugliese. Gli scatti, lavorati con Photoshop fin quasi ad una astrazione acquerellata, si trasformavano delicatamente e impercettibilmente gli uni negli altri, con lentissime dissolvenze, in linea con le dolcissime sonorità prolungate prodotte digitalmente dal vivo: suoni quasi di gocce d’acqua, suoni di raggi di luce, catturati su un cielo d’erba che allarga il respiro, in una percezione soffusa. Qui e lì, in lontananza, quasi in ricordo, un campanello, un cinguettio, qualcosa che cade, dei grilli, di campana di mucca. Poesia di suoni e immagini semplici, liriche, incantevoli.